Corriere della Sera

AMBIGUITÀ PERICOLOSE SUI CONTI

- Di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

Prima di passare le consegne al governo gialloverd­e, l’allora presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro dell’economia Piercarlo Padoan avevano preparato un’analisi sulla solidità dei nostri conti pubblici in diverse ipotesi («Nota di aggiorname­nto al Def 2017», p. 87). Lo scopo era evidenteme­nte quello di tranquilli­zzare gli investitor­i che posseggono titoli italiani. Lo scenario più preoccupan­te prevedeva che la Bce smettesse di acquistare Btp (come effettivam­ente farà a fine anno) e che, dopo le elezioni, l’incertezza politica aumentasse il rischio di credito e quindi i tassi di interesse, rallentand­o la crescita, come in effetti è accaduto.

L’analisi assumeva che le leggi in vigore (Fornero, Jobs act, reddito di inclusione) non venissero modificate, che gli impegni assunti — ovvero, completame­nto della Tav, vendita a privati dell’ilva e quindi nessun fermo degli stabilimen­ti, vendita di Alitalia a privati così che il prestito di 900 milioni che lo Stato ha fatto all’azienda non si tramutasse in maggior debito pubblico — venissero soddisfatt­i. In più si dovevano trovare 12,5 miliardi per evitare l’aumento delle aliquote Iva. In questo scenario, sia pur con crescita debole e con un piccolo aumento del deficit, il rapporto debito-pil avrebbe, seppur di poco, continuato a scendere. Rileggere quell’analisi aiuta a capire quanto è grande la distanza fra l’attuale ministro dell’economia Tria e i due partiti che guidano il governo.

Quando il ministro Tria dice che comunque l’anno prossimo il debito ( in rapporto al Pil), scenderà, ha in mente, piu o meno, lo stesso scenario del suo predecesso­re: crescita un po’ inferiore a quest’ anno, tassi di interesse più elevati e una molto graduale attuazione di quanto scritto nel contratto di governo—anche allocando un po’ di spese in maniera diversa, ad esempio dai consumi pubblici agli investimen­ti.

Invece gli obiettivi che si propongono Lega e 5 Stelle — cancellare almeno in parte la legge Fornero, eliminare punti importanti del Jobs act, introdurre un reddito di cittadinan­za ben superiore al reddito di inclusione varato dal precedente governo, nazionaliz­zare Ilva e Alitalia — sono incompatib­ili con una discesa del debito, che in quel caso richiedere­bbe aumenti di imposte per non farlo balzare in su.

A ciò si deve aggiungere la « mina vagante » della flat tax, che non si capisce di quanto ridurrebbe le entrate fiscali e il problema, che rimane irrisolto, di come reperire 12,5 miliardi di euro per evitare un aumento dell’iva che rallentere­bbe i consumi. ( L’ipotesi che un po’ di « buonismo » nei confronti degli evasori possa ridurre l’evasione e quindi aumentare le entrate fiscali è tutta da vedere e comunque impossibil­e da calcolare).

Non sorprende quindi che da qualche giorno — da quando la Camera ha approvato il decreto Di Maio sul lavoro, da quando i 5 Stelle dicono che la Tav si deve fermare e l’ilva pure, che il reddito di cittadinan­za non si può ri-

Verifiche

Il costo delle riforme va quantifica­to e bisogna spiegare come finanziarl­e

mandare, da quando inoltre Salvini auspica un’alitalia nazionaliz­zata — i tassi di interesse abbiano cominciato a salire dimostrand­ola crescente sfiducia degli investitor­i, cioè di chi dovrebbe prestare soldi al governo per finanziare tutte le politiche di cui sopra.

Così ci stiamo avvicinand­o all’autunno. Se non si chiarisce presto quale linea prevarrà, se quella di Tria o della coppia Di Maio- Salvini, gli investi tori abbandoner­anno i Btppri mach e una legge di Stabilità venga scritta. Per prevedere quali effetti avrebbe una crisi di fiducia nell’italia, basta leggere qualche librodi storia sui governip opulisti dell’ America Latina degli anni Ottanta o, rimanendo più vicinia noi, sulla Turchia e l’ungheria di questi mesi.

L’ Ungheria ha molti problemi ma, per il suo primo ministro, Viktor Orbán, i suoi guai hanno una sola causa: il finanziere George Soros. Se la nostra situazione dovesse peggiorare è facile prevedere quali saranno i « Soros » di Lega e 5 Stelle: la Commission­e europea, la B ce egli immancabil­i« speculator­i» cioè quelli che dovrebbero finanziare le politiche volute da Lega e 5 Stelle.

Il governo non può continuare a dire una cosa al mattino e il suo opposto la sera. Il costo delle riforme deve esse- re quantifica­to e come finanziarl­e deve essere spiegato, con ipotesi verificabi­li. È questo che i mercati si aspettano. È questo che è dovuto ai cittadini.

A meno che non ci sia qualcuno, nelle Lega o nei 5 Stelle, che in realtà pensi che un incidente sui mercati sia addirittur­a auspicabil­e. Una crisi finanziari­a che prosciughi i flussi di credito verso l’italia potrebbe essere il primo passo versoi controlli sui movimenti di capitale e la nazionaliz­zazione delle banche per obbligare i cittadini a finanziare il debito pubblico, un passo che renderebbe inevitabil­e l’uscita dall’euro.

Naturalmen­te negando di averlo voluto e accusando gli speculator­i, la B ce, la Commission­e e, perché no, magarianch­eGe orge Soros.

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