Il Colle, la Rete e il libero dissenso
Non è partita alcuna denuncia, al Guardasigilli spetta l’ultima decisione
Dal Colle nessuna denuncia per l’attacco web: ma ora è importante verificare se in queste prove di condizionamento fossero coinvolti Paesi stranieri.
I ren un clima politico sempre a caccia di nemici, ormai manca solo che accusino il Quirinale di istigai magistrati a recuperare dalla cultura greca il delitto di hybris: il peccato d’arroganza di coloro che offendevano e sfidavano gli dei. Da un po’ di giorni, infatti, si cerca di far passare Sergio Mattarella — bersaglio di una tempesta di cyber attacchi tra il 27 e il 28 maggio—come un uomo permaloso che, credendosi un semidio, vorrebbe rianimare almeno il reato di lesa maestà. Insomma: dietro la sua imperturbabilità zen si nasconderebbe l’ansia di veder marcire in galera chiunque si pronunci criticamente su di lui.
Una distorsione della realtà rinfocolata dall’annuncio della Procura di Roma di aver aperto un fascicolo per l’ipotesi di « attentato alla libertà del capo dello Stato e offesa al suo onore e prestigio » ( articolo 277 Codice penale). Ora, si sa che il presidente della Repubblica non è cauzionato da nessuno ed è contestabile come tutti. Tale diritto dei cittadini non è in gioco e si estende alla possibilità di chiederne le dimissioni, a patto che ciò av- venga nell’ambito di una dialettica accettabile in democrazia, ciò che esclude insulti o minacce. Equi si rientrane ll’ ambito più borderline del fronte aperto dall’inchiesta, che spinge qualcuno a parlare di criminalizzazione del dissenso, intimando a Mattar ella un intervento chiarificatore. Ma, a parte il fatto che dal Colle non sono partite denunce e da lassù non c’è dunque nulla da chiarire, il nodo sarà sciolto quando sarà verificato se in queste prove di condizionamento guidate da centri non identificabili della Rete fossero coinvolti dei Paesi stranieri.
Ecco il crinale scivoloso che i magistrati esploreranno. Tenendo presente che tutto va riferito a un contesto senza precedenti, tra sussulti dei mercati, difficoltà nella composizione dell’esecutivo e tentativi di delegittimazione, alcuni dei quali possono magari esser avvenuti in buonafede mentre altri di sicuro no. Per cui l’inchiesta si dovrà addentrare in un’analisi di che cos’è la rete, divenuta strumento di manipolazione della pubblica opinione. E capire a quale livello arrivino queste manovre, il che potrebbe rivelarsi un problema più politico che penale. Lo snodo su cui fanno leva certi osserva toriche già evocano « un vento persecutorio » ci richiama alla gestazione del governo gialloverde. Il problema era esploso con l’indicazione, respinta da Mattarella, di Paolo Savona nel ruolo di ministro dell’economia. La recriminazione, divenuta assedio del web, sosteneva che quel « no » era illegittimo. Che sostituiva la sovranità dei mercati alla sovranità popolare e pertanto, tuonava Di Maio, il capo dello Stato meritava l’impeachment.
Ora, si sa che quando nasce un governo è il presidente che nomina i ministri. E quel potere « duale » ( in quanto condiviso con il candidato a Palazzo Chigi) è intestato a lui, che non può esser lo scendiletto del premier. Lo showdown di fine di maggio è stato semmai determinato dalla forzatura delle forze politiche gialloverdi, che non hanno rispettato la regola della riservatezza, aspetto decisivo per capire la dialettica tra sovranità e poteri del Colle. Mattarella, dopo aver concesso tre mesi ai « mezzi vincitori » del 4 marzo per accordarsi, si era limitato a una modesta correzione — nei libri di storia sarà non più che una « nota a margine » — su un nome. Un passo consentitogli dalla Costituzione ( articoli 81, 47, 117, 92) su coperture finanziarie e tenuta dei conti, stabilità delle banche e tutela del risparmio.
Bene: se neanche le « note a margine » sono ammesse, siamo di fronte a un’alterazione della complessità della vita istituzionale. La democrazia, infatti, è complessità, e non può essere ridotta alla logica del bianco e del nero, spia di mentalità infantile. Ed è qua che, non a caso, si è inserito il tentativo di manipolazione e interferenza. Mirato a rompere il processo dialogico, che per fortuna è poi ripreso. Comunque, chi dipinge scenari di privazione della libertà, stia pure tranquillo. I reati ipotizzati dagli inquirenti non possono approdare in un’aula di tribunale senza l’autorizzazione del ministro della Giustizia. Questo è previsto per allontanare dal Colle il sospetto che il diritto penale sia utilizzato come strumento repressivo verso veri o presunti nemici.
I rischi
Mattarella in passato ha denunciato i rischi di manipolazione e interferenze della Rete