«Il mio cuore fermo per un’ora e mezza Ma io ho lottato e cammino da solo»
Reggio Emilia, Lorenzo 10 mesi dopo: sono felice
Le due vite di Lorenzo, 15 anni, emiliano di Montecchio. La prima si è interrotta la mattina del 16 ottobre 2017. La seconda è ricominciata il 12 dicembre all’ospedale di Parma, con l’uscita dal centro di rianimazione.
Fra l’una e l’altra, novanta minuti senza battito cardiaco. Avete letto bene. Il suo cuore si è fermato per un’ora e mezza a causa di un infarto innescato a sua volta da un’anomalia congenita della coronaria rimasta sconosciuta. Ad aprile Lorenzo é tornato a casa grazie ad una catena di salvataggio straordinaria tenuta saldamente in mano dalla dottoressa Antonella Vezzani, responsabile della terapia intensiva cardi o chirurgica a Parma, segretaria nazionale dell’ associazione donne medico.
Lui sul cellulare ha memorizzato il numero con mamma due: « Ho subito intuito l’importanza di quella signora in camice che mi sorrideva al di là dei tubi. Non mi ha mai lasciato » , esprime il suo affetto questo spilungone timido e simpatico, co mesi descrive. Ora potete vederlo fotografato accanto a « mamma2 » sullo sfondo del giardino di Montecchio, magro, le gambe ridotte a un grissino eppure sano e in piena ripresa. Divertito all’idea di raccontare la sua avventura.
Quella mattina durante l’ora di ginnastica all’istituto Silvio D’arzo si accascia a terra all’improvviso. Sembrava non ci fosse nulla da fare a vederlo disteso sul linoleum della palestra senza alito. Così lo trovano i soccorritori dell’ eliambulanza: un’inse- gnante nel frattempo prova a rianimarlo con massaggio cardiaco, ma niente. E falliscono anche i tentativi di riprenderlo col defibrillatore. A Parma la sala operatoria è pronta ad accoglierlo per metterlo in Ecmo, la macchina di perfusione extracorporea che serve a irrorare gli organi esangui.
In sala i 20 operatori sanitari quasi piangono. Ed ecco che dal monitor proviene un primo bip e poi un secondo, un terzo e poi tanti altri. Il suo cuore è tornato. Poco dopo scoprono con la Tac l’anomalia alle coronarie e dal Sant’orsola arriva per operarlo il cardi o chirurgo pediatrico Gaetano Gargiulo. Esce dalla rianimazione il 12 dicembre, dopo 57 giorni. « Ero pronta a perderlo. Quando ci hanno chiamati da scuola pensavamo a un attacco d’asma di cui soffre », di cela mamma in prima, la signora Amelia.
A 10 mesi dall’infarto, Lorenzo cammina da solo, sale le scalee azzarda qualche scambio a racchettoni con gli amici del vicinato. « Ricordo bene come è finita lamia prima vita. Stavo correndo,l avistami si è offuscata, ho sentito i brividi e sono caduto come un salame. Poi buio. Quando mi sono ripreso e ho saputo dell’infarto mi sono arrabbiato » , scherza.
I compagni di classe? « Siamo andati a cena una sera, alcuni di loro hanno avuto bisogno dello psicologo perché sono rimasti choccati nel vedermi steso che sembravo morto » . I momenti peggiori? « Ho sempre creduto che mi sarei ripreso. Però ho pianto quando ho dovuto mangiare pastasciutta frullata dopo aver tolto il sondino. L’alternativa era rimetterlo. No, meglio il frullato. Ora sorrido, ri- do e mi sento felice. La mattina faccio logopedia e fisioterapia per riprendere a leggere, scrivere e passeggiare bene. Il pomeriggio vengono le insegnanti di italiano e matematica » .
Ti scoccia aver perso mesi? «No, ho fatto tante esperienze in ospedale, tante belle persone. Ho conosciuto chi stava peggio di me e ha ripreso a camminare anche senza una gamba ». Cosa hai imparato ?« Che quando stiamo bene dobbiamo dare il massimo, non sai mai cosa ti può capitare, la vita può finire da un momento all’altro » .
E lei dottoressa Vezzani cosa ha imparato? « Che 40 anni di studi danno il loro prezioso frutto e che noi medici non dobbiamo mai mollare anche se la situazione è disperata » .