UN PARLAMENTO DIVERSO? SOLO CON UN PASSO PER VOLTA
Futuro digitale Casaleggio propone una democrazia della Rete: può essere che ci si arrivi ma prima si deve costruire il nuovo e poi abbandonare il vecchio
C asaleggio ha lanciato il sasso: in futuro, il Parlamento potrebbe non servire più. Al suo posto, dice l ’e sponente del M5S, dobbiamo avere persone competenti capaci di prendere decisioni in modo rapido e diffuso. Secondo un modello che la rete può aiutare a sviluppare.
Espressa nei limiti di una intervista giornalistica, l’affermazione si espone al rischio di semplificazioni e strumentalizzazioni. Soprattutto oggi, in un momento in cui la democrazia è in evidente affanno in tutto il mondo.
Per questo, una dichiarazione come quella di Casaleggio non può essere l asciata cadere nel vuoto. Senza scandalizzarsi, ma per riflettere sul futuro sollecitato dai cambiamenti in corso. Tenendo conto che, trattandosi di una delle conquiste fondamentali della storia delle democrazie occidentali, toccare — anche solo attraverso delle semplici parole — questa istituzione richiede la massima cautela.
Fu nel momento in cui si mise in discussione lo Stato assoluto che i l Parlamento nacque come organo dove i diversi interessi potevano ritrovarsi e « parlare » , per arrivare a prendere le decisioni necessarie al governo di società che erano ancora relativamente semplici. Il suffragio univer s a l e ha cost i t ui to lo strumento attraverso cui si sono tenute insieme l’inclusione della popolazione nei sistemi politici e la necessità di un processo di decisione ordinata e razionale. È la quadratura del cerchio realizzata dalla democrazia rappresentativa.
Negli ultimi decenni l’aumento della complessità sociale ha posto alcuni problemi che nel tempo sono andati aggravandosi. Ne possiamo considerare almeno due.
Il primo ha a che fare con la capacità dei sistemi democratici di arrivare a determinazioni tempestive e efficaci. È sempre più evidente che, in una società avanzata, non tutto può essere ri condotto al Parlamento e al governo. C’è bisogno di una articolazione più ricca, di luoghi di decisione capaci e responsabili che non stanno tutti in Parlamento. Per risolvere il problema,
Società avanzate Oggi si fatica ad arrivare a determinazioni efficaci e tempestive. Servono più luoghi di decisione
la strada battuta è stata quella delle autorità indipendenti e delle società partecipate nella logica di una estensione delle forme di« governance ». Soluzione solo in parte soddisfacente, perché la capacità di mantenere il focus sul bene pubblico non è sempre garantita. Al fondo c’ è il grande tema dico mesi a possibile gestire concretamente l’ interesse pubblico in una società multiforme e dinamica. Una questione che rimane aperta.
Il secondo problem ariguardale forme della partecipazione. A oggi l’ anello di congiunzione tra il cittadino e il Parlamento è il voto. Uno snodo che rimane fondamentale e imprescindibile. Ma anche insufficiente. Lo strumento del referendum chela rete potrebbe potenziare è interessante e non va demonizzato. Ma è chiaro che ci sono problemi seri sulla capacità di arrivare ad avere opinioni sensate su problemi complessi. Col rischio di spostare la mediazione dai rappresentanti in Parlamento agli influencer in grado di orientare l’ opinione pubblica. Rischi che in un’epoca di fake news non va sottovalutato.
Più interessante( e impegnativo) è interrogarsi sul modo in cui la rete possa aiutarci a costruire nuove forme di governan ce partecipate nella produzione di « beni co-
Formazione
Ma esaltare il web senza accrescere il fabbisogno di conoscenza rischia di essere molto fuorviante
muni » come via per contrastare quella apatia che è una delle malattie l etali di ogni democrazia.
È rispetto a questi due nodi che la riflessione di Casaleggio sul futuro del Parlamento va collocata. Le imprese hanno già capito che il digitale costi t ui s ce l ’ i nfr ast r utt ura tecnologica del futuro. In grado non solo di aiutarci a fare le cose, ma anche a stabilire relazioni e persino a pensare. Per questa ragione è doveroso interrogarsi sulle implicazioni che il nuovo ambiente tecnologico avrà sulla vita politica.
Potenzialmente almeno, la rete può permettere di coniugare in modo nuovo la necessità di forme di decisione diffusa e la domanda di nuova partecipazione. Aiutando così le democrazie a fare un passo in avanti.
Ma nel dire questo, è necessario non dimenticare alcuni caveat. Come i primi passi compiuti in questi anni in tema di democrazia digitale ci suggeriscono.
In primo luogo, la rete non è di per sé garanzia di partecipazione, trasparenza, competenza. Al contrario, può benissimo essere il luogo della massima concertazione del potere di decisione o l’amplificatore della irrazionalità sociale. Se la rete sarà buona o cattiva dipenderà dalle architetture istituzionali in cui sarà incastonata. Ogni discorso semplificato ed essenzialista sulla rete rischia di trasformarsi in una minaccia per la democrazia.
In secondo luogo, una maggiore partecipazione e una governance diffusa hanno bisogno di un colossale investimento nella formazione. Predicare la rete senza insistere parallelamente sul fabbisogno di conoscenza di una società digitale rischia di essere del tutto fuorviante.
Infine, quando si toccano i fondamentali della vita insieme occorre procedere con i piedi di piombo. Su questo vale la massima: prima costruire, poi smobilitare. Può essere che un giorno, nelc orsode lXXI secolo, avremo qualcosa di diverso dal Parlamento. Ma a un tale risultato occorrerà arrivare facendo un passo per volta. Come quando si va in parete, ogni chiodo deve essere ben piantato prima di lasciare l’appoggio su cui ci si sta appoggiando.