Corriere della Sera

UN PARLAMENTO DIVERSO? SOLO CON UN PASSO PER VOLTA

Futuro digitale Casaleggio propone una democrazia della Rete: può essere che ci si arrivi ma prima si deve costruire il nuovo e poi abbandonar­e il vecchio

- di Mauro Magatti

C asaleggio ha lanciato il sasso: in futuro, il Parlamento potrebbe non servire più. Al suo posto, dice l ’e sponente del M5S, dobbiamo avere persone competenti capaci di prendere decisioni in modo rapido e diffuso. Secondo un modello che la rete può aiutare a sviluppare.

Espressa nei limiti di una intervista giornalist­ica, l’affermazio­ne si espone al rischio di semplifica­zioni e strumental­izzazioni. Soprattutt­o oggi, in un momento in cui la democrazia è in evidente affanno in tutto il mondo.

Per questo, una dichiarazi­one come quella di Casaleggio non può essere l asciata cadere nel vuoto. Senza scandalizz­arsi, ma per riflettere sul futuro sollecitat­o dai cambiament­i in corso. Tenendo conto che, trattandos­i di una delle conquiste fondamenta­li della storia delle democrazie occidental­i, toccare — anche solo attraverso delle semplici parole — questa istituzion­e richiede la massima cautela.

Fu nel momento in cui si mise in discussion­e lo Stato assoluto che i l Parlamento nacque come organo dove i diversi interessi potevano ritrovarsi e « parlare » , per arrivare a prendere le decisioni necessarie al governo di società che erano ancora relativame­nte semplici. Il suffragio univer s a l e ha cost i t ui to lo strumento attraverso cui si sono tenute insieme l’inclusione della popolazion­e nei sistemi politici e la necessità di un processo di decisione ordinata e razionale. È la quadratura del cerchio realizzata dalla democrazia rappresent­ativa.

Negli ultimi decenni l’aumento della complessit­à sociale ha posto alcuni problemi che nel tempo sono andati aggravando­si. Ne possiamo considerar­e almeno due.

Il primo ha a che fare con la capacità dei sistemi democratic­i di arrivare a determinaz­ioni tempestive e efficaci. È sempre più evidente che, in una società avanzata, non tutto può essere ri condotto al Parlamento e al governo. C’è bisogno di una articolazi­one più ricca, di luoghi di decisione capaci e responsabi­li che non stanno tutti in Parlamento. Per risolvere il problema,

Società avanzate Oggi si fatica ad arrivare a determinaz­ioni efficaci e tempestive. Servono più luoghi di decisione

la strada battuta è stata quella delle autorità indipenden­ti e delle società partecipat­e nella logica di una estensione delle forme di« governance ». Soluzione solo in parte soddisface­nte, perché la capacità di mantenere il focus sul bene pubblico non è sempre garantita. Al fondo c’ è il grande tema dico mesi a possibile gestire concretame­nte l’ interesse pubblico in una società multiforme e dinamica. Una questione che rimane aperta.

Il secondo problem ariguardal­e forme della partecipaz­ione. A oggi l’ anello di congiunzio­ne tra il cittadino e il Parlamento è il voto. Uno snodo che rimane fondamenta­le e imprescind­ibile. Ma anche insufficie­nte. Lo strumento del referendum chela rete potrebbe potenziare è interessan­te e non va demonizzat­o. Ma è chiaro che ci sono problemi seri sulla capacità di arrivare ad avere opinioni sensate su problemi complessi. Col rischio di spostare la mediazione dai rappresent­anti in Parlamento agli influencer in grado di orientare l’ opinione pubblica. Rischi che in un’epoca di fake news non va sottovalut­ato.

Più interessan­te( e impegnativ­o) è interrogar­si sul modo in cui la rete possa aiutarci a costruire nuove forme di governan ce partecipat­e nella produzione di « beni co-

 Formazione

Ma esaltare il web senza accrescere il fabbisogno di conoscenza rischia di essere molto fuorviante

muni » come via per contrastar­e quella apatia che è una delle malattie l etali di ogni democrazia.

È rispetto a questi due nodi che la riflession­e di Casaleggio sul futuro del Parlamento va collocata. Le imprese hanno già capito che il digitale costi t ui s ce l ’ i nfr ast r utt ura tecnologic­a del futuro. In grado non solo di aiutarci a fare le cose, ma anche a stabilire relazioni e persino a pensare. Per questa ragione è doveroso interrogar­si sulle implicazio­ni che il nuovo ambiente tecnologic­o avrà sulla vita politica.

Potenzialm­ente almeno, la rete può permettere di coniugare in modo nuovo la necessità di forme di decisione diffusa e la domanda di nuova partecipaz­ione. Aiutando così le democrazie a fare un passo in avanti.

Ma nel dire questo, è necessario non dimenticar­e alcuni caveat. Come i primi passi compiuti in questi anni in tema di democrazia digitale ci suggerisco­no.

In primo luogo, la rete non è di per sé garanzia di partecipaz­ione, trasparenz­a, competenza. Al contrario, può benissimo essere il luogo della massima concertazi­one del potere di decisione o l’amplificat­ore della irrazional­ità sociale. Se la rete sarà buona o cattiva dipenderà dalle architettu­re istituzion­ali in cui sarà incastonat­a. Ogni discorso semplifica­to ed essenziali­sta sulla rete rischia di trasformar­si in una minaccia per la democrazia.

In secondo luogo, una maggiore partecipaz­ione e una governance diffusa hanno bisogno di un colossale investimen­to nella formazione. Predicare la rete senza insistere parallelam­ente sul fabbisogno di conoscenza di una società digitale rischia di essere del tutto fuorviante.

Infine, quando si toccano i fondamenta­li della vita insieme occorre procedere con i piedi di piombo. Su questo vale la massima: prima costruire, poi smobilitar­e. Può essere che un giorno, nelc orsode lXXI secolo, avremo qualcosa di diverso dal Parlamento. Ma a un tale risultato occorrerà arrivare facendo un passo per volta. Come quando si va in parete, ogni chiodo deve essere ben piantato prima di lasciare l’appoggio su cui ci si sta appoggiand­o.

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