Corriere della Sera

IL SOVRANO DELLE OMBRE UNA STORIA DI GUERRA CIVILE

- Caro Franco,

Caro Aldo, leggo che il nuovo premier spagnolo Sánchez vuole disseppell­ire la salma di Franco dal Valle de los Caídos. Possibile che ogni volta che va al potere la sinistra spagnola sente il tic di cancellare la memoria della guerra civile? Franco G., Milano

Più che cancellata, lamemoria della guerra civile spagnola andrebbe salvata. Le consiglio un libro splendido, opera di quello che considero il più importante scrittore vivente: Javier Cercas. Si intitola « Il sovrano delle ombre »( in Italia l’ ha pubblicato Guanda), e racconta la storia dell’eroe della sua famiglia: Manuel Mena, falangista, zio della madre di Cercas, caduto « come Achille » a diciannove anni nella battaglia dell’ebro, dopo aver combattuto per due anni come volontario alla testa di un reparto mitragliat­rici dei Tiradores di Ifni, temute truppe coloniali; dalla parte di Franco, quindi. Il titolo allude all’unico passo dell’ Odissea in cui Achille compare, e dice a Ulisse che preferireb­be essere il servo di uno stalliere tra i vivi piuttosto che il re dei morti; il sovrano delle ombre, appunto. La ricostruzi­one di Cercas è stupenda, precisa come una cronaca militare, piena di pietà per le vittime di ottant’anni fa e anche per l’ inconsapev­olezza dei giovani spagnoli contempora­nei. La vera protagonis­ta è Blanquita, la madre dell’autore, raffigurat­a mentre si spazzola con appetito da dopoguerra una spalla d’agnello mentre i nipoti Raúl e Néstor, che la adorano, spiluccano tapas.L’ i dea di fondo è questa: Manuel Mena combatté per una causa sbagliata e contro gli interessi della sua stessa classe sociale, piccoli proprietar­i terrieri che all’inizio avevano guardato con favore alla Repubblica, e non avevano nulla in comune con l’ aristocraz­ia parassitar­ia di Madrid e le gerarchie ecclesiast­iche, che appoggiaro­no l’insorgenza del caudillo per non perdere il monopolio del potere. Se ne accorse lo stesso Mena, all’inizio della guerra pieno di entusiasmo, alla fine disilluso e disincanta­to. A maggior ragione, conclude Cercas, questo non ci autorizza a pensarci migliori dei soldati di Franco. Non ci consente di giudicarli. Ci impone di non perdere la loro memoria, e quella dei loro nemici repubblica­ni, in un infinito desiderio di pace consapevol­e, che è il contrario dell’oblio.

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