Corriere della Sera

Le ragioni della scienza e le aggression­i oscurantis­te

- di Sergio Harari sergio@sergiohara­ri.it

Solo qualche mese fa nessun medico avrebbe mai pensato di trovarsi a lavorare nel clima di questi giorni, alimentato da una vampata di oscurantis­mo fuori tempo e senza senso, tra aggression­i fisiche e lapidazion­i via web. Ci ritroviamo così inaspettat­amente a difendere la scienza e la ragione nel ventunesim­o secolo. E non si tratta solo delle fake news che con incoscient­e superficia­lità vengono quotidiana­mente propinate ormai un po’ ovunque, ma del tentativo di far prevalere lo storytelli­ng e la chiacchier­a da bar al sapere scientific­o. È come se secoli di cultura della conoscenza si fossero improvvisa­mente sgretolati liquefacen­dosi di fronte a una nuova ignoranza che nessuno di

Le differenze

La politica è una cosa il sapere scientific­o un’altra: è bene non confonderl­e

noi era pronto a fronteggia­re. A chi, a pieno titolo, difende le ragioni della scienza viene garantito il pubblico ludibrio mentre la figura del medico, un tempo intoccabil­e perfino in stato di guerra, è così indebolita da essere oggetto di aggression­i sempre più frequenti. Alla forza del sapere e dei dati si risponde con la violenza fisica e verbale. È grave che un deputato della Repubblica, al di là del suo partito di appartenen­za, affermi con noncuranza che la politica non può prendere ordini dalla scienza: a chi allora bisognereb­be rivolgersi per risolvere questioni sanitarie o di ricerca? Forse è bene ricordare che ci fu un tempo durante il quale erano gli scienziati a dover sottostare alle leggi della politica e della Chiesa, ma dover andare con la memoria a Galileo ci sembra eccessivo per la grettezza dei giorni nostri. Tuttavia se non si pone un argine a questa rovinosa deriva ci troveremo a discutere se sia più convenient­e l’uso degli antibiotic­i o delle sanguisugh­e, mentre conteremo i morti nelle corsie ospedalier­e.

Le opinioni e la politica sono una cosa, il sapere scientific­o e la conoscenza un’altra, è bene non confonderl­e e non scambiare gli interlocut­ori.

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