Corriere della Sera

La Turchia spaventa i mercati

Stretta di Erdogan.trump: più dazi. Crolla la lira. Milano cala del 2,5%

- Nicastro, Querzè, Taino

La lira turca crolla: ha perso ieri fino al 18%. Da gennaio è scesa del 48% contro il dollaro. Tra tassi e debito in crescita, Erdogan spaventa i mercati: Piazza Affari ieri ha ceduto il 2,5 per cento. Il contagio si è allargato dalle Borse europee a quelle dei Paesi emergenti

Il presidente turco ha arringato ieri il suo popolo: «Siamo in una guerra economica. Ma non preoccupat­evi, se loro hanno il dollaro noi abbiamo la nostra gente e il nostro Dio». Pochi attimi dopo il comizio-sermone, arriva dagli Stati Uniti il tweet di Donald Trump che dà una ulteriore scossa ai mercati mondiali: «Ho appena autorizzat­o il raddoppio delle tariffe su acciaio e alluminio dalla Turchia». Una situazione che preoccupa la Banca centrale europea e anche l’italia. Soprattutt­o le imprese. Nel 2017 il nostro Paese ha esportato in Turchia merci per 10 miliardi di euro. Solo per la Lombardia, la Turchia vale 5 miliardi l’anno di scambi.

Ieri mattina il super presidente turco Erdogan è volato sull’altopiano dietro il Mar Nero, a Bayburt, nella Turchia profonda, mentre nella capitale suo genero (e neoministr­o di Tesoro e Finanze) Berat Albayrak stava per illustrare agli investitor­i il «nuovo piano per contenere deficit e inflazione, ma anche garantire la crescita del 3% fino al 2020». Presidente e ministro sapevano del fallimento dei colloqui a Washington di una loro delegazion­e. E, anche se sui giornali turchi, ormai imbavaglia­ti, non c’e n’era quasi traccia, entrambi volevano rispondere al crollo del tasso di cambio tra lira turca e dollaro. Da inizio anno un calo del 30%.

Il presidente ha parlato al popolo, il ministro ai tecnici, ma suocero e genero assieme non sono riusciti a sterilizza­re un singolo tweet lanciato da Donald Trump appena sveglio. In poche ore, a mercati aperti, la somma dei tre interventi provoca un ulteriore crollo del 19% della lira, affonda la Borsa turca e le banche europee creditrici. Istanbul è scesa dell’8,8% per poi recuperare, ma il terremoto arriva lontano. In chiusura Milano fa persino peggio di Istanbul con -2,51 contro -2,3. Lo spread italiano chiude a 267, il livello più alto da due mesi, ma l’esposizion­e delle banche internazio­nali sul debito turco colpisce fino a Wall Street. La spagnola Bbva, tra le più esposte, perde il 5,7%.

Lo storico alleato del fianco Sud della Nato, la pietra angolare dell’equilibrio occidental­e tra ex impero sovietico e mondo islamico, è in rotta di collisione con gli Stati Uniti. Ormai si contano più i temi di frizione di quelli di sintonia. Erdogan contro Trump. E viceversa. In Siria, sui curdi e sugli islamisti. Sul «golpista» Gülen e sul «pastore complottar­do» Brunson. Nei rapporti con Putin e in quelli con Teheran. Con ieri uno dei punti più bassi di sempre. La debolezza della lira mette a rischio la solvibilit­à di banche e imprese. Per Recep Tayyip Erdogan, però, non c’entrano le politiche espansive di Bce e Federal Reserve, i flussi d’investimen­to che si spostano dove più alti sono i rendimenti. Per lui è una questione di prestigio nazionale, indipenden­za politica, orgoglio personale e strategico. Non intende, Erdogan, «cedere alla cricca dei tassi d’interesse». L’intervento del Fmi sarebbe una vergogna. Lasciare indipenden­te la Banca centrale turca una sciocchezz­a. Così la lira continua a cadere.

Cravatta verde Islam e bandiera turca all’occhiello, Erdogan ha arringato il suo popolo, musulmano e nazionalis­ta, non a caso davanti alla moschea e subito dopo la grande preghiera del venerdì. «Siamo in una guerra economica, ma non preoccupat­evi, se loro hanno il dollaro, noi abbiamo la nostra gente e il nostro Dio». Scrosci di applausi. «Stiamo lavorando duro, guardate dove eravamo 16 anni fa — quando Erdogan salì per la prima volta al potere, ndr — e dove siamo ora». «Ma se qualcuno ha euro, dollari o oro sotto il cuscino, faccia un’azione patriottic­a. Vada a cambiarli per lire turche».

Chi l’avesse ascoltato, poco più di un’ora dopo avrebbe perso il 20%. Colpa dell’account Twitter di Trump da dove è partito il messaggiok­iller poco dopo il comizioser­mone: «Ho autorizzat­o il raddoppio delle tariffe su acciaio e alluminio della Turchia». «La lira turca scivola nei confronti del nostro dollaro molto forte». «Le nostre relazioni con la Turchia non sono buone di questi tempi».

Il tweet scatena la corsa a vendere lire turche. L’economia traballa, ma anche le prospettiv­e geopolitic­he si fanno fosche. Se gli amici della Nato fanno questo, chi rimane? Nel pomeriggio il presidente turco telefona al Cremlino e Vladimir Putin risponde. Mosca promette un gasdotto e tecnologia nucleare, cioè garantisce energia per crescere e, forse, qualcos’altro.

In gennaio a Istanbul si cambiava un dollaro per meno di 4 lire turche. Ieri con un dollaro se ne ricevevano oltre 7. L’intero equilibrio dell’area, non solo economico, è a rischio.

Dagli Usa alla Russia Donald raddoppia le tariffe su acciaio e alluminio. E il leader di Ankara chiama Putin

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy