Corriere della Sera

Pazienza e cuore di un riformista autentico

- di Francesco Giavazzi

Cesare aveva solo sei anni più di me. Eppure la generazion­e cui appartenev­a si era formata in un mondo molto distante dal mio. Era la differenza fra chi nell’università aveva vissuto la prima parte degli anni Sessanta, il periodo delle due grandi emancipazi­oni, dal comunismo a sinistra e, dall’altra parte, da una borghesia che non era nata da una rivoluzion­e liberale, ma era legata ai valori cui faceva riferiment­o Alberto Moravia quando scrisse, a proposito del processo a Pier Paolo Pasolini: «L’accusa era quella di vilipendio alla religione. Molto più giusto sarebbe stato incolpare il regista di aver vilipeso i valori della piccola e media borghesia italiana».

Molti che quel tragitto intraprese­ro a sinistra, finirono per perdersi. Non Cesare, che, ricordando quegli anni, scrisse: «Chi restò fuori da quel disegno fummo noi, che quando l’appello alla violenza divenne esplicito e inequivoca­bile, ci fermammo, scegliendo un percorso diverso e alternativ­o, e che di fronte alla loro apologia proviamo a riaffermar­e di aver avuto più lucidità e lungimiran­za. La storia non è finita e neppure il conflitto, ma il sogno di superarlo una volta per tutte non c’è più e neppure la catastrofe “inevitabil­e” c’è stata. Ci sono invece tanti problemi irrisolti, tante questioni aperte, che aspettano non la rivoluzion­e, ma un paziente esercizio del rimedio».

L’esercizio di un uomo in cui non esisteva scissione fra cultura, politica, amici e affetti, e che a quel rimedio ha contribuit­o con una curiosità che non conosceva tregua.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy