La pace fiscale si restringe Senza la sanatoria Iva lo Stato incassa 3 miliardi
Il nodo delle regole sull’imposta condivisa con la Ue
C’è un problema per la «pace fiscale», il condono allo studio del governo per trovare una parte delle risorse che servono per le tante riforme annunciate, dal reddito di cittadinanza alla flat tax. L’incasso dell’operazione, già ridimensionato rispetto agli annunci fatti in campagna elettorale, andrà rivisto di nuovo al ribasso, complicando ancora di più il capitolo coperture della prossima legge di Bilancio.
Le ultime stime del governo indicavano un gettito intorno ai 3,5 miliardi di euro. In realtà si dovrebbe scendere al di sotto dei 3 miliardi, con la necessità di trovare da qualche altre parte quel mezzo miliardo mancante. Che cosa è successo? Finora il governo aveva costruito le sue simulazioni su un valore di debiti arretrati con il Fisco pari a 50 miliardi di euro. Il valore è corretto, del resto era stato comunicato in passato al Parlamento dall’agenzia delle Entrate ed è stato poi confermato nei giorni scorsi dal ministro dell’economia Giovanni Tria. Ma ci si era limitati a parlare del totale, senza scendere nella composizione del cosiddetto «magazzino». Il punto è che dentro 50 miliardi di euro ce ne sono anche 10 di Iva non pagata. E l’iva, imposta armonizzata a livello europeo, non può essere oggetto di condono, perché l’operazione è vietata dalle regole comunitarie.
La questione era stata già sollevata in passato, a proposito del condono tombale varato dal governo Berlusconi nel 2002. E il verdetto finale, sia della Cassazione sia della Corte di giustizia europea, era stato negativo. È vero che il Movimento 5 Stelle e la Lega potrebbero essere tentati di andare allo scontro con Bruxelles anche su questo punto. Ma, visti i precedenti, il verdetto finale appare scontato e rischierebbe di essere accompagnato da sanzioni che potrebbero rendere l’operazione controproducente. Per questo sembra inevitabile che il condono allo studio lasci fuori l’iva.
Resta la possibilità, per recuperare risorse, di mettere a punto un condono un po’ meno vantaggioso per il contribuente: le aliquote finora ipotizzare vanno dal 5 al 25% della somma dovuta con un tetto massimo di 100 mila euro. Si potrebbero alzare queste soglie per avere un gettito più alto. Ma si tratta di un’operazione delicata e la Lega vuole limitare al massimo i ritocchi rispetto al progetto iniziale.
In ogni caso il gettito reale della pace fiscale continua a dimagrire con il passare del tempo. Alla vigilia della formazione del governo si era parlato della possibilità di ricavarne addirittura 35 miliardi, una cifra che sarebbe bastata a coprire, anche se solo per un anno, buona parte dei costi della flat tax. Adesso siamo scesi a meno di 3 miliardi di euro.
Ma c’è un altro tema che sta creando un po’ di tensione all’interno del governo, il taglio delle pensioni superiori ai 4 mila euro netti al mese. Nella bozza del disegno di legge presentato da Lega e Movimento 5 Stelle, che dovrebbe viaggiare in parallelo alla manovra, non c’è l’annunciato ricalcolo in base ai contributi effettivamente versati. Ma un taglio proporzionale all’anticipo del pensionamento rispetto all’uscita «naturale». Il problema è che per molte persone non è possibile ricostruire in maniera completa l’ammontare dei contributi versati. E questo perché prima del 1996 — quando si andava in pensione con il più vantaggioso sistema retributivo, basato sullo stipendio e non sui contributi versati — la «storia contributiva» non veniva sempre conservata visto che non serviva.
Disegnato così, però, il taglio finirebbe per penalizzare anche chi ha lasciato il lavoro in anticipo non per scelta ma, ad esempio, per una crisi aziendale e un successivo accordo di prepensionamento.
Pensioni
Per gli assegni sopra i 4 mila euro, tagli sull’età e non sui contributi