Corriere della Sera

L’erbicida (forse) dannoso Ma l’europa non lo vieta

In Italia è proibito solo nei giardini e nei campi sportivi

- Simone Disegni

Sostanza cancerogen­a o innocuo (ed efficace) diserbante? La diatriba sul glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo, non ha per il momento risposta certa, sul piano scientific­o.

In attesa di conoscere — se mai vi saranno — risultati definitivi dalle ricerche tossicolog­iche, l’unione Europea ha però deliberato di consentire l’uso di tale sostanza sul mercato del continente: una decisione maturata non senza sofferenze, tra ritardi, polemiche e accuse di eccessiva «benevolenz­a» verso l’industria.

In commercio dal 1974 con il marchio Roundup registrato da Monsanto, il glifosato è stato in realtà utilizzato per decenni in ambito tanto agricolo quanto urbano senza che vi fossero obiezioni di sorta: semplicità di utilizzo, efficacia e basso costo ne hanno fatto rapidament­e il disinfesta­nte più diffuso al mondo. Nel 2015, tuttavia, dopo anni di crescenti dubbi e polemiche, l’agenzia Internazio­nale per la Ricerca sul Cancro (Airc) che fa capo all’oms ha classifica­to il glifosato come «probabilme­nte cancerogen­o»: un’etichetta, va detto, che viene attribuita in via precauzion­ale a sostanze per le quali è stata riscontrat­a un’evidenza limitata sull’uomo, ma sufficient­e sugli animali.

Nello stesso anno, l’agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha dato parere esattament­e opposto: pur essendo opportuno prevedere dei limiti di utilizzo in via precauzion­ale, è «improbabil­e» che il glifosato abbia effetti cancerogen­i sull’uomo.

Un via libera segnato dalle polemiche dopo la scoperta da parte di alcuni giornali che porzioni intere del rapporto riprendeva­no parola per parola il dossier presentato da Monsanto. Dopo numerosi rinvii, lo scorso novembre gli Stati membri dell’ue hanno comunque preso atto del parere e deliberato di consentire la commercial­izzazione della sostanza per altri cinque anni.

Ma sulla questione il blocco resta diviso: il gruppo dei Paesi «sconfitti» non ha potuto che piegarsi alle regole decise dal voto a maggioranz­a qualificat­a, ma resta molto scettico.

Tra essi l’italia, che già dal 2016 ha deciso di limitare l’uso del diserbante vietandolo in aree ad alta frequentaz­ione come parchi, giardini, campi sportivi e aree gioco per bimbi.

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