«Il Ceta? Il rischio per l’agricoltura arriva dagli accordi con il Sudamerica
Scanavino (Cia): regole su vino e ortofrutta
«Tutti parlano del Ceta, mentre i rischi maggiori per il settore agroalimentare vengono dall’accordo ancora in fase di negoziato tra l’unione Europea e il Mercosur, perché il Brasile e il Sudamerica sono nostri concorrenti nell’ortofrutta, nella carne bovina e suina, nel vino. Lì l’italia deve controllare e farsi sentire». Dino Scanavino è il presidente della Cia-agricoltori italiani e difende l’accordo con il Canada, in vigore da 10 mesi ma in attesa della ratifica dei Parlamenti degli Stati membri dell’unione Europea. Il vicepremier e ministro dello Sviluppo e del Lavoro, Luigi Di Maio, ha detto all’assemblea della Coldiretti, rassicurando la platea, che l’italia bloccherà l’accordo.
Gli agricoltori sono contrari all’accordo con il Canada?
«La Cia è favorevole al Ceta, è un trattato migliorabile ma sta mostrando segnali positivi. Rappresentiamo 300 mila imprese agricole, piccole, medie e qualcuna grande. Sono per lo più imprese familiari. Nel nostro libro soci ci sono 900 mila persone. Abbiamo anche un Caf molto importante dove passa ogni anno almeno un milione di persone. Chi vuole lo sviluppo del settore agroalimentare è favorevole all’accordo con il Canada».
Il Ceta mette davvero a rischio le produzioni made in Italy?
«L’accordo per la prima volta introduce delle tutele dove non esistevano. È importante per i nostri vini e i formaggi, in particolare il Parmigiano e il Grana Padano. Le bandierine italiane sui prodotti canadesi e i falsi richiami al nostro Paese stanno sparendo. Certo, continuano a produrre Parmesan ma ora c’è più chiarezza per i consumatori. E quanto ai timori di un’invasione del grano canadese, tra ottobre 2017 e aprile 2018 gli arrivi sono crollati del 57% mentre nello stesso periodo le esportazioni agroalimentari made in Italy in Canada sono cresciute del 6%».
C’è chi protesta perché sono state riconosciute solo 41 indicazioni geografiche su 291 denominazioni made in Italy.
«È vero, quelle 41 indicazioni geografiche sono una minoranza ma rappresentano il 90% dei volumi esportati. Sono stati messi sotto tutela i prodotti già presenti sul mercato canadese. Quelli non protetti, come la Lenticchia di Castelluccio o il Cecio della Murgia non hanno la forza produttiva per aggredire il Canada. Ma non c’è un divieto a esportare. L’accordo è migliorabile e prevede che si possa riaprire per nuove verifiche da negoziare».
C’è chi teme che anche in Italia possa arrivare la carne con gli ormoni prodotta in Canada.
«In Canada è ammessa la produzione di carne con gli ormoni ma in Italia può arrivare solo quella hormone free. Nella coltivazione del grano è vero che usano il glifosato, ma le importazioni si sono dimezzate, il grano canadese costa troppo.
Aree terremotate Bisogna affrontare i veri problemi, come le aree terremotate a vocazione agricola Il Ceta è un trattato migliorabile ma sta mostrando segnali positivi. Chi vuole lo sviluppo del settore agroalimentare vuole l’accordo con il Canada
L’italia lo importa dall’australia e dal Kazakistan e questo sta abbassando il prezzo del grano italiano».
Allora il Ceta è un buon accordo?
«L’accordo è migliorabile, ma è preferibile a nessun accordo. Ormai 11 Paesi lo hanno già ratificato. L’accordo con il Giappone è stato approvato incondizionatamente pochi giorni fa.
Ora la partita più rischiosa è quella con il Mercosur, e su questa ci stiamo concentrando poco. Il timore è che l’agricoltura venga barattata con altri settori come la meccanica. Farò presente al ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio quando lo incontrerò».
Quali dossier sottoporrà al ministro Centinaio?
«Spiegherò perché siamo favorevoli al Ceta e quali sono le nostre preoccupazioni per il Mercosur. Ma poi c’è il negoziato europeo per la nuova politica agricola comunitaria e l’attuazione di quella in corso, che ha dei ritardi. Servono strumenti per rendere più fluido il rapporto tra agricoltori e burocrazia.
E poi bisogna affrontare i problemi delle aree terremotate, che sono quasi totalmente a vocazione agricola. Questi sono i problemi, tutto il resto è propaganda».