Un cavallo al galoppo in territori da esplorare
Ci eravamo visti qualche anno fa a Cortina. Ero andata lassù a presentare un mio libro e mi aveva invitato a cena a casa sua. Malgrado non ci sentissimo tanto, eravamo rimasti infatti molto legati. Parlare con lui era sempre uno scoppiettante piacere. Non posso dimenticare che è stato proprio Cesare De Michelis a capire per primo il mio talento e darmi la possibilità di pubblicare, dopo dieci anni di continui rifiuti da parte di tutti i maggiori editori.
Ormai stavo per desistere, quando Gabriella, moglie del professor Elvio Guagnini, con cui in quel momento lavoravo alla radio di Trieste, mi parlò di una nuova collana per autori esordienti della Marsilio a cui avrei potuto mandare il mio manoscritto. All’epoca gli esordienti non erano molto ambiti dalle case editrici. Anzi, si diffidava fortemente di loro e quella sembrò un’occasione da non perdere. Sembrano essere passati davvero millenni da quei tempi, ora che siamo nell’editoria usa e getta: se non vendi, sparisci.
Fu Elvio Guagnini a mandare poi La dormeuse eléctronique — così si chiamava l’inedito che lui aveva molto apprezzato — a De Michelis. In tempi relativamente brevi, Cesare mi chiamò per dirmi che gli era piaciuto e lo voleva pubblicare. Dopo di che scomparve per un anno. Pensavo fosse l’ennesimo abbaglio, invece semplicemente aveva avuto un grosso problema di salute che l’aveva obbligato a trascurare il lavoro. Il libro uscì poi nel maggio del 1989, con il titolo definitivo di La testa tra le nuvole.
Cesare era, come me, un cavallo pazzo, una persona capace di galoppare fuori dal seminato, del già detto, del già letto, del già provato. Devo a questa sua coraggiosa attitudine l’aver potuto fare il mio ingresso nel mondo della letteratura. Senza di lui, forse sarei rimasta, come ormai temevo, nel limbo degli inediti a vita. Abbiamo anche avuto dei gravi dissapori nel corso del tempo, dovuti al temperamento estremamente combattivo di entrambi, ma, dopo un periodo di allontanamento, ci siamo ritrovati, senza che la nostra amicizia e il nostro affetto reciproco ne avessero minimamente risentito. Cesare De Michelis amava profondamente il suo lavoro, amava la letteratura, amava i libri e, soprattutto, aveva il raro talento di scoprire i talenti. Lascerà un grande vuoto nel mondo editoriale.