Dujardin: «Io, ispirato da Gassman»
Il premio Oscar a Locarno con «I feel good»: «Vittorio era l’attore ideale. Seguo l’istinto»
In accappatoio bianco, pronto ad avere successo sfruttando il desiderio di eternità altrui, è tornato al Festival, chiudendo le proiezioni di piazza Grande, Jean Dujardin, Oscar per The Artist, protagonista di I feel good scritto e diretto da un’amata coppia satirica, Benoît Delépine e Gustave Kervern. Hanno immaginato che in una comunità di Emmaus nel Sud della Francia una donna fedele ai suoi ideali (Jolande Moreau) venga raggiunta dal fratello che è un cialtrone, un farfallone, come i francesi chiamavano Gassman nel Sorpasso. «Mi sono proprio riferito alla vostra commedia e all’oltraggioso Gassman, attore ideale con un’ideale carriera» dice l’attore che per The Artist aveva fatto riserva di cinema muto, da Stanlio e Ollio a Murnau. «Questo film l’ho fatto perché amo i due registi e la considero una storia poetica e politica, con piena libertà di avvicinarmi al carattere».
L’oscar le ha cambiato la vita? «No, il premio non è la destinazione finale, ho avuto la fortuna di ottenerlo a 40 anni, ma ho ancora da imparare: ho lavorato con Clooney, Scorsese e mi piace recitare in tutte le lingue, anche in italiano. Da tutti i film ho imparato qualcosa, seguo l’istinto, l’importante è che continui a divertirmi». Certo su questo personaggio nullafacente ma con la vocazione di bidonare il prossimo, ha lavorato di fino osservando le ossessioni che ci sono in giro: cerca fortuna facendo credere a poveracci in età di poter migliorare l’aspetto fisico, dal volto alla prostata. E l’ambientazione in un centro fondato da padre Abbé è un jolly che gli autori usano senza folklorismo ma facendo entrare nel racconto bisogni e povertà nostre contemporanee. «Emmaus ci inseguiva da tempo — dicono i due autori — con spirito cameratesco e solidale». «Scoprire questo villaggio coi suoi valori è stato meraviglioso — dice Dujardin — per il valore della gente che vive lì e il calore che emana, abbiamo girato tra loro e l’ispirazione viene anche da questi uomini. E recitare con due registi mi ha fatto ammirare il loro reciproco rispetto, sono complementari, stanno davanti al monitor, si guardano per capire se hanno raggiunto lo scopo».
In questo film appare più vecchio e appesantito: «È vero ma non mi dispiace, non ho alcun problema con la mia immagine, mi sono incurvato e ho fatto impazzire i capelli, ho guadagnato peso, ho sbagliato postura ma devo sembrare il mio personaggio non me stesso, mi sono maltrattato come gli altri caratteri della storia». Un film che va oltre la commedia, Dujardin lo definisce una «dramedy» e ci va a nozze, essendo una miscela di precisione e libertà. Poi conclude: «In fondo questo personaggio non è molto diverso da quelli che facevo anni fa nella serie di spie di OSS 117, c’è una somiglianza di famiglia: ho spesso interpretato idioti ossessionati dal successo che parlano troppo presto, non pensano abbastanza e finiscono per inciampare nel tappeto». E la sua partner? «Condividiamo un tipo di modestia che ha aiutato la collaborazione per il film».
Il personaggio «Sono ingrassato per il film: devo sembrare il mio personaggio non me stesso»