Il pentito Bonucci «Via per rabbia ora sono a casa»
Non voleva fare la fine del quinto Beatles. Leonardo Bonucci detesta i rimpianti, quelli di Stuart Sutcliffe: era il bassista che spedì a quel paese il gruppo, prima che arrivasse il grande successo internazionale. Così, appena saputo dell’arrivo in bianconero di Cristiano Ronaldo, il difensore ha schiacciato il piede: non sullo scarafaggio, ma sull’acceleratore. Uno come lui poteva farlo: chi pianta un cazzotto in mezzo agli occhi di un rapinatore, trova anche il coraggio di chiedere scusa. «Con Allegri avevo parlato a Londra, l’ho incontrato prima della premiazione per la Top 11 della Champions». Era il 23 ottobre 2017 e «dissi al mister che quel mio premio era arrivato per merito suo». Il Grande Freddo è finito così. Però il disgelo è partito all’inizio dell’estate, quando la Juve trattava l’acquisto di Mattia Perin. Il procuratore del portiere è Alessandro Lucci, stessa bottega dalla quale si serve Bonucci. Poi, come se non bastasse, il portiere ha ceduto a «Leo» anche la maglia 19 e si è preso la 22.
Dettagli, come la mossa per completare il puzzle, la necessità della Juve di cedere Higuain. Trovando nel Milan l’unica strada percorribile. Per Bonucci, invece, si erano fatte sotto Psg e United: se fosse finito alla corte di Mourinho forse sì, il rapporto con i tifosi bianconeri sarebbe stato irrecuperabile. Ora, invece, i margini per ricucire le ferite ci sono e la società sa come gestire certi problemi. Ieri il club ha evitato che Bonucci facesse il giro nello store bianconero per autografare le maglie. Sul tema lui taglia corto: «Toccherà a me trasformare i fischi in applausi». Al Milan dice grazie, ma con riserva: «Devo recuperare il tempo che ho passato fuori da qui, che mi ha dato qualcosa in più a livello umano, ma mi ha tolto a livello di vittorie». Per vincere torna a «casa mia». E si allena con Ronaldo: «Viste le precedenti annate, avere Ronaldo dalla nostra parte ci permetterà di non partire 1-0 per il Real. L’obiettivo è tornare a Madrid per la finale di quest’anno, giocarci la Champions, lo scudetto e la Coppa Italia». Se il povero Sutcliffe fosse vivo, capirebbe la lezione. Bonucci l’ha imparata: «Presi la decisione di lasciare la Juve in un momento di rabbia, adesso so che ho sbagliato. Ho avuto la fortuna di tornare».
Incomprensioni, rabbia e uno sgabello tra i «draghi» dello stadio di Porto. Chi è tornato ora ride: «Sfatiamo un tabù: quella sera il mio posto ce l’avevo. Però vivo le partite in maniera molto nervosa e su una fila di dieci ero in mezzo. Era un guaio e mi sono spostato. C’era un posto libero, poi è arrivato il proprietario del biglietto e mi sono alzato, prendendo di mia iniziativa uno sgabello su cui sono stato per 5 minuti. Ma è stata la mia rovina». Certe immagini non si cancellano. Come la foto di quattro ragazzi di Liverpool che attraversano sulle strisce. Quattro, non cinque.