Corriere della Sera

Il br e il figlio della vittima

Roma, Bonisoli e Ricci alla veglia pre-sinodo. «La violenza ha distrutto i nostri sogni»

- Giovanni Bianconi di

«S ognavo di fare la rivoluzion­e per cambiare il mondo e per questo ho sparato, ferito e ucciso, trasforman­do quel sogno in una tragedia», racconta l’ex terrorista. «Il mio sogno s’è infranto quando hanno ammazzato mio padre e io ero un bambino di 12 anni, ma poi ho capito che non potevo soltanto odiare e portare rancore; un assassino resta tale per sempre, ma una persona può cambiare», gli fa eco la vittima.

Non solo le persone ma tante altre cose sono cambiate dal 1978, quando l’ex brigatista rosso Franco Bonisoli partecipò alla strage di via Fani, per eliminare gli uomini della scorta e sequestrar­e il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro; e l’ex bambino Giovanni Ricci capì quel che era successo a suo padre — Domenico Ricci, appuntato dei carabinier­i e autista di Moro — vedendolo crivellato di proiettili nella foto pubblicata sull’edizione straordina­ria di un giornale. Quarant’anni dopo, nella chiesa del Gesù dove Benigno Zaccagnini e altri politici venivano a pregare e piangere nei giorni del sequestro, Bonisoli e Ricci ne parlano a un migliaio di ragazzi di oggi, venuti e Roma per incontrare il papa e che nella veglia notturna assistono all’incontro tra un carnefice e la sua vittima. Nessuno di loro era nato quando Moro fu rapito e, 55 giorni dopo, ritrovato cadavere nel bagagliaio della Renault rossa, a trecento metri da qui, tra le sedi della Dc e del Pci, che oggi non ci sono più. Restano i palazzi antichi, resta la chiesa secolapeso L’evento

● Davanti a circa mille ragazzi, nella Chiesa del Gesù a Roma, l’incontro tra l’ex Br Franco Bonisoli e Giovanni Ricci, figlio del carabinier­e autista di Moro ucciso in via Fani nel 1978 re, e resta la testimonia­nza di due persone che, con ruoli decisament­e diversi, hanno attraversa­to quella stagione di sangue e ne portano ancora i segni. Davanti all’altare centrale, stimolati dalle domande di un sacerdote, raccontano le ragioni della morte e del dolore trasformat­i in speranza e riscatto; uno da responsabi­le e l’altro da innocente, ma entrambi attraverso l’incontro e il dialogo, che quasi miracolosa­mente cancellano ogni traccia di sacrilegio nel sentire un assassino parlare in chiesa, o un prete che porta a esempio il percorso che ha compiuto.

«Nel nome della rivoluzion­e feci una scelta totalizzan­te che trasformav­a le persone in cose, simboli da abbattere, nemici da eliminare — spiega l’ex brigatista rosso che ripercorre l’escalation violenta degli anni Settanta, dalle macchine bruciate agli omicidi —. E quando mi hanno arrestato ho continuato a combattere lo Stato dal carcere, finché le convinzion­i non hanno cominciato a incrinarsi e io ho pensato di suicidarmi perché con la lotta armata doveva finire anche la mia vita. Ma poi un cappellano ci ha chiamato “fratelli”, ed è cominciata la risalita dall’inferno al purgatorio».

«Io inizialmen­te volevo re-

Dopo 40 anni L’incontro nel luogo dove i politici della Dc andavano a pregare durante il sequestro

stituire alle persone che hanno ucciso mio padre tutto il male che mi avevano provocato — ricorda Ricci —, ma incontrarl­e e scoprire che si portano addosso una croce più grande della mia, per il Veglia

Franco Bonisoli (a destra) e Giovanni Ricci, (a sinistra), nella Chiesa del Gesù a Roma

Rifiutare la cultura della morte, quella felicità falsa che si esprime in ingiustizi­a, menzogna, truffa, disprezzo dell’altro: così il papa al termine della due giorni di incontro con i giovani italiani . Bergoglio ha esortato anche a non limitarsi a non fare il male: «Ognuno è colpevole del bene che poteva fare e non ha fatto».

© RIPRODUZIO­NE RISERVATA di ciò che hanno fatto, mi ha permesso di non vivere più quotidiana­mente la morte di mio padre, di ricordarlo quando era vivo e non più solo da morto; di conservare la memoria di una persona, e non soltanto di un omicidio».

Sono storie che possono suonare incredibil­i per ragazzi che non hanno vissuto il clima degli Anni di piombo e dei sogni trasformat­i in tragedia, e che vincendo il sonno e la stanchezza ascoltano per oltre due ore l’ex terrorista rammaricar­si per le sofferenze provocate: «L’unica cosa che potevo tentare, per rimediare, era trasformar­e il mio senso di colpa in senso di responsabi­lità, cercando le vittime e il dialogo con loro, pronto a prendermi tutto quello che mi avrebbero scaricato addosso, e adesso renderlo pubblico. Per questo tanti ex compagni mi criticano, ma non mi interessa; quello che conta è essere testimoni credibili, e io ci provo».

Anche la strada di Ricci non è stata semplice: «Mio fratello e molte altre vittime non condividon­o il nostro percorso, e io rispetto le loro scelte. C’è chi sceglie il diritto all’odio, ma io rivendico il mio diritto alla pace e a non morire ogni giorno, consideran­do chi mi ha fatto del male un uomo e non più un mostro». Al momento delle domande c’è chi chiede a Bonisoli che cosa pensi oggi di Moro, che rapì e condannò a morte quarant’anni fa. «Una persona eccezional­e — risponde — che cercava di capire quello che accadeva intorno a lui, comprese le ragioni di chi aveva fatto la nostra scelta; se non l’avessimo ucciso avrebbe potuto aiutare a chiudere prima la stagione della lotta armata, con danni minori». Ilaria, testimone del cammino che Bonisoli e Ricci hanno fatto insieme ad altri ex terroristi e altre vittime, spiega la ragione di una notte così, tra gli appuntamen­ti preparator­i al Sinodo: «La voglia di comunicare ai giovani il rifiuto della violenza, attraverso una storia del passato che guarda al futuro».

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Sorrisi Bergoglio sulla papamobile in piazza San Pietro, accolto da una folla di 90 mila giovani da tutta Italia
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Il ricordo La cerimonia a Sant’anna di Stazzema (Lucca)
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