L’appello di Aquarius: la Ue ci trovi un porto
È in mare da due giorni con 141 migranti a bordo: «Cinque navi li hanno ignorati». Roma: chiedano alla Libia
«I governi europei trovino un porto sicuro per i migranti soccorsi da Aquarius». Lancia il suo appello il personale della nave di Sos Méditerranée e Medici Senza Frontiere che venerdì ha soccorso in due operazioni 141 persone al largo della costa libica di Zuwarah mentre erano alla deriva su due barconi di piccola e media grandezza. A bordo, anche 67 minori accompagnati e due donne incinte.
Somalia, Eritrea. Sono queste nel 70% dei casi i Paesi di provenienza. Sul ponte c’è spazio per i sorrisi e gli abbracci, ma c’è anche chi si è sentito male. I migranti, nessuno in pericolo di vita ma tutti molto debilitati dopo aver subito abusi in Libia e aver trascorso alla deriva anche 35 ore, hanno raccontato di essere stati ignorati da cinque navi. Un comportamento che, per le ong, è la spia di un rischio: quello che venga meno il principio di soccorso in mare, sancito dal diritto internazionale. L’ipotesi è che le navi di passaggio decidano di non aiutare i migranti per evitare di rimanere bloccate dai veti incrociati dei vari governi e vedersi negare un porto di sbarco per giorni, come già capitato al rimorchiatore Vos Thalassa e al mercantile Alexander Maersk.
Ed è quello che Aquarius ora rischia, se dalla Francia o dalla Spagna o da un altro stato europeo non dovesse arrivare l’indicazione di un porto sicuro. Dalla nave, in un comunicato, fanno sapere di avere in entrambi gli eventi di soccorso informato tutte le autorità competenti tra cui i Centri nazionali di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC) di Italia, Malta e Tunisia oltre al Centro di coordinamento congiunto di soccorso (JRCC) libico. Ma se dalla Libia via radio hanno dato indicazione — per lo più in arabo, come riporta la giornalista Angela Gennaro del Fatto Quotidiano che si trova a bordo — di rivolgersi a Malta e all’italia, secondo quanto si legge sul diario di bordo della nave disponibile online sul sito onboard-aquarius.org già alle 21.45 di venerdì La Valletta ha risposto di non avere intenzione di coordinare l’assegnazione del Pos (il cosiddetto porto sicuro).
Da Malta la questione è rimbalzata in Italia. Sabato il ministro dell’interno Matteo Salvini ha spiegato ai microfoni del Giornale Radio di Rai Uno di non avere intenzione di aprire i porti italiani ad Aquarius «nave tedesca, che batte bandiera di Gibilterra e che ha bordo personale straniero». Parole cui ieri sera ha fatto seguito l’indicazione del Centro di coordinamento della Guardia Costiera italiana ad Aquarius di rivolgersi a Tripoli dato che la richiesta è arrivata mentre la nave era in acque Sar libiche.
Mentre il rimpallo continua, dunque la situazione si
Donne e minori Tra le persone salvate ci sono 67 minori accompagnati e due donne incinta
Diritto internazionale Per le ong c’è il rischio che venga meno il principio di soccorso in mare
complica. La nave durante il suo stop a Marsiglia è stata attrezzata per traversate più lunghe. Ma con il passare delle ore è facile che la tensione a bordo salga, come già capitato in giugno quando Aquarius passò tre giorni ferma al largo di Malta, prima di ricevere il via libera dalla Spagna e partire alla volta in Valencia. E in attesa che da terra arrivi un segnale, Nick Romaniuk, coordinatore per la ricerca e il soccorso di Sos Méditerranée ribadisce: «Ciò che è di massima importanza è che i sopravvissuti siano portati senza ritardi in un luogo sicuro dove si possa rispondere ai loro bisogni di base e dove possano essere protetti dagli abusi».