«Ho il rammarico della Nba Io duro? Per farmi rispettare Ma bisogna essere leali»
L’ex cestista: «Se fossi nato vent’anni dopo sarei ricco»
D ino Meneghin, come si vede l’italia dall’alto di 204 centimetri? Il nume tutelare del basket italiano ha una risposta che riguarda gli aspetti pratici della quotidianità (e le controindicazioni della statura), e una che raccoglie la traccia metaforica della domanda. La prima: «È una visione scomoda. Non immaginate, per dire, quanto a Milano siano per me una minaccia gli autobus che circolano contromano nelle corsie preferenziali, spesso rasenti ai marciapiedi: gli specchi retrovisori esterni sono alla mia altezza, una volta ho preso uno spavento tremendo».
La metafora, invece?
«Mezzo secolo di viaggi mi ha permesso di capire come ci vedono all’estero: l’italia ha enormi potenzialità, ma non sempre le esprime. La cosa che mi fa più male è che i giudizi positivi sono soverchiati dall’idea che, sotto sotto, siamo dei mafiosi. Inaccettabile».
Dino Meneghin vivrebbe in un altro Paese?
«Da ragazzo volevo andare in Svizzera: mi piaceva il suo sistema di vita. E mi piace ancora oggi: passi il confine ed entri in un altro mondo, ordinato ed efficiente. Poi però ripenso all’italia e realizzo che non la lascerei mai».
Le diamo le chiavi delle porte del tempo: apre quella del passato o quella del futuro?
«Quella del futuro, tenendo però una finestra sul passato. È sbagliato scordarlo, regala esperienza. Quanto al futuro, apro la sua porta perché, pur avendo 68 anni, penso a che cosa farò fra cinque o dieci».
Si stava meglio nei magici anni 60 e nei tormentati 70 di un’ Italia con tanti problemi ma probabilmente più genuina di quella di oggi?
«Forse sì. Aggiungerei pure gli anni 80: in quel periodo il Paese era in continua evoluzione; c’erano fermento e voglia di fare, la vita quotidiana era piena di verve».