Corriere della Sera

La matita ben temperata

- di Paolo Lepri

Èun paradosso possibile solo nella letteratur­a che un uomo apparentem­ente senza cuore, come era V.S. Naipaul, abbia compiuto uno straordina­rio viaggio nel cuore degli uomini. E noi con lui. I sentimenti sono riservati a chi legge e possono essere anche diversi da quelli di chi scrive. «Non sono un portavoce di nessuno. E penso che nessuno voglia che io sia un portavoce», disse in un’intervista del 1998 a «The Paris Review». Non sappiamo se anche allora, come racconta Hari Kunzru, abbia domandato: «Mi dica che cosa ha letto, senza mentire».

Il viaggio nel cuore degli uomini può significar­e far sentire le loro voci, come avviene nei suoi libri che parlano del mondo: dall’india all’argentina, dal Sud degli Usa all’universo islamico del profetico Tra i credenti. L’impassibil­ità dell’ascolto diventa discorso, acquista limpidezza, fabbrica emozioni. Ma nei romanzi o in quello che ai romanzi assomiglia (in Naipaul la narrazione è sempre un passo avanti all’intreccio) le voci degli uomini si possono guardare. Ecco le pagine giovanili di Miguel Streets, pubblicate dopo Il massaggiat­ore mistico, poi Una casa per Mr. Biswas, il Booker Prize In uno Stato libero e il quartetto «centrale»: Guerrillas, Sull’ansa del fiume, L’enigma dell’arrivo, Una via nel mondo. Sono storie di atti di forza solitari, che hanno il segno della sconfitta o più raramente del riscatto. Una cosa è certa: «Quando tutti vogliono combattere, non c’è proprio niente per cui combattere».

Può sembrare strano sostenere, proprio quando una vita si conclude, che l’opera di Naipaul sia stata una vittoria sulla morte. «Volevo diventare famoso per quello che avrei scritto». Non riuscirci sarebbe stato smettere di esistere. Tutto era già deciso, fin da quella notte del 1950, sull’aereo decollato da Trinidad: «Avevo portato carta e penna e siccome ero partito per diventare uno scrittore chiesi alla hostess di temperarmi una matita». Certo, la morte prima o poi arriva. Ma nessuno come lui — pensiamo ancora alle stagioni dell’enigma dell’arrivo — è riuscito a parlarne come di un fenomeno indifferen­te nell’ordine delle cose.

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