Misteri & C., le tribolazioni di un cinese in Francia
In «A modo nostro» (Sellerio) Chen He rievoca il mondo dei trafficanti d’uomini dall’oriente. E nell’intreccio entra il nostro Paese
Il viaggio in Occidente è un classico della letteratura cinese che risale alla fine del Seicento: un percorso avventuroso e rocambolesco, in realtà iniziatico, nel segno del buddhismo. Quattro secoli più tardi anche il protagonista di A modo nostro (traduzione di Paolo Magagnin, Sellerio) compie un altro viaggio in Occidente, non meno avventuroso e rocambolesco, non meno iniziatico, anche se, invece dell’aura edificante del buddhismo, il suo autore Chen He (1958) si fa guidare dal sogno di una qualche forma di fortuna economica in Europa.
Chen He, che di suo una vita abbastanza avventurosa l’ha avuta e non cita l’antico capolavoro, colloca il suo romanzo negli anni Novanta, quando l’emigrazione illegale in Occidente era un business fiorente. In più, sceglie lo sfondo di Wenzhou, in Zhejiang, la città da dove proviene la stragrande maggioranza degli immigrati cinesi in Italia. È da lì che parte Xie Qing per volare a Parigi a riconoscere il corpo della moglie separata, morta in circostanze non chiare. Ciò che potrebbe essere una fine si rivela un inizio: di opportunità in opportunità, di conoscenza in conoscenza, scivolando nell’illegalità, «dopo tanti anni trascorsi nella mediocrità», Xie Qing si costruisce una posizione come braccio destro di una boss dell’immigrazione. Intanto cerca di ricostruire i segreti dell’ex moglie Yang Hong. Che in Francia — complice il nobile lignaggio rivoluzionario del padre, vittima della Rivoluzione culturale — si era inserita in una rete di ambiziosi connazionali parcheggiati nella ville lumière, «principini rossi» destinati a fare carriera nelle gerarchie del Partito comunista.
L’autore capitalizza l’esperienza degli anni trascorsi in Albania per raccontare le furiose sfide tra gang rivali di mercanti d’uomini, con duelli, rapimenti e crimini assortiti. E intarsia tutta la vicenda (il libro è del 2011) di dettagli iperrealistici, come il naufragio davanti alle coste pugliesi di un’imbarcazione colma di clandestini cinesi o il ricorso alla chirurgia plastica per sfuggire alla legge (pratica in Cina non caduta in disuso, se l’anno scorso una cinquantanovenne di Wuhan è stata arrestata benché si fosse rifatta i connotati per sfuggire a debiti per 3,7 milioni di dollari).
Alla fine i due fili della vita di Yang Hong — l’ex marito che ne cercava le tracce e l’uomo che le aveva dato un figlio in Francia — si riallacciano. È il «viaggio a Occidente» di Xie Qing che, con «un sorriso di felicità», giunge a compimento.