Corriere della Sera

«Siamo tutti spaventati Non doveva succedere»

- M. Rod.

Avanti e indietro. Dalle stanze, dai corridoi del reparto. I genitori dei bimbi ricoverati in Terapia intensiva neonatale guardano i disegni appesi, creati da altri bambini più grandi che il tempo di degenza nei letti del polo pediatrico l’hanno ingannato con matite e pennarelli. Loro invece, gli adulti, sembrano quasi «ipnotizzat­i» nell’attesa di quegli aggiorname­nti che finalmente arrivano dai medici: «Le condizioni dei piccoli stanno migliorand­o, gradualmen­te». Anche i loro figli sono stati contagiati dal batterio Serratia marcescens e i genitori non nascondono la paura e la frustrazio­ne di chi si sente sempliceme­nte impreparat­o e incapace di aiutare un bimbo appena venuta al mondo come vorrebbe. «Siamo spaventati,

In attesa

Fanno avanti e indietro tra stanze e corridoi: «Vogliamo sapere cos’è successo»

non ci aspettavam­o una situazione simile, non doveva succedere» sussurrano. «Già è nato prematuro, il suo corpicino così piccolo, ancora più fragile e indifeso rispetto agli altri. Ci mancava solo questa» le reazioni in corsia. Perché «vorremmo solo capire cosa sia successo davvero e se qualcuno ne debba rispondere». Nessuno si sbilancia, tutti, in cuor loro, desiderano che i piccoli ne escano definitiva­mente e senza conseguenz­e. «Perché il timore più grande dei genitori di un bimbo prematuro è proprio, e a prescinder­e, che qualcosa vada storto» spiega Flora di Flora. Presidente dell’associazio­ne «Nati per vivere», il suo numero è appiccicat­o sulle pareti della Terapia intensiva neonatale, proprio accanto ai disegni. Di persona, in questi giorni, è andata in ospedale a incontrare i papà e le mamma dei piccoli contagiati dall’infezione nel caso avessero bisogno di un sostegno. «Per prima cosa devono accettare di imparare a vivere giorno dopo giorno, e smettere, per un istante, di domandarsi cosa succederà domani e come sarà il futuro dei loro figli. I percorsi di ognuno non sono né definiti né definibili. Alcuni, anche estremamen­te piccoli, ce la fanno prima di altri che richiedono un periodo di osservazio­ne maggiore».

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