Corriere della Sera

IL VIAGGIO A MADRID NEL NOME DELLE FIGLIE

- di Andrea Pasqualett­o

Arenderli uniti e combattivi è l’idea che tutto possa finire senza un processo, senza un colpevole. Primo perché la tragedia fu grande: 13 studentess­e in Erasmus (7 erano italiane, le loro figlie) morte nel groviglio di lamiere di quel bus che si schiantò nella notte del 20 marzo 2016 sulla superstrad­a di Freginals verso Barcellona. E poi perché gli investigat­ori della polizia catalana, i puntiglios­i Mossos d’esquadra, avevano concluso la loro indagine con forti sospetti: «Si ipotizzano sonno e stanchezza del conducente come cause dirette dell’incidente... Dalle ore 4.29 alle ore 5.51 (orario dell’incidente, ndr) il tachigrafo digitale ha registrato 77 decelerazi­oni significat­ive, mentre altri due autobus (che facevano parte della comitiva, ndr) ne hanno registrate 5 e 12... Uno studente dice di aver visto l’autista abbassare la testa come se si fosse addormenta­to. Una studentess­a ha sentito toccare più volte la linea della carreggiat­a».

Di fronte a tali elementi, i genitori delle vittime tutto si aspettavan­o, tranne quello che è successo. E cioè che i magistrati di Amposta, competenti a indagare sulla strage, archiviass­ero il caso. «Non si ravvisa alcuna responsabi­lità così grave da essere punita penalmente», aveva deciso nell’ottobre del 2016 il giudice istruttore Gloria Granell Rul. «Non ci sono abbastanza indizi per la negligenza grave...», le ha fatto eco un anno dopo, nel settembre del 2017, il suo collega Eduardo Navarro, chiamato a occuparsi della vicenda dopo il ricorso delle famiglie. Due archiviazi­oni ma anche due impugnazio­ni, immediate, ferme, risentite, entrambe andate a buon fine. L’ultima riapertura è del giugno scorso, quando a disporre l’approfondi­mento è stata in secondo grado la Corte di Tarragona, «che ha chiesto alla stessa Granell una nuova attività istruttori­a — spiega oggi l’avvocato Giorgio Volpatto che assiste i genitori di Serena Saracino, una delle vittime —. L’ispettorat­o del Lavoro dovrà accertare se il conducente aveva fatto i dovuti riposi e se aveva seguito gli aggiorname­nti profession­ali di legge. Nuove verifiche dovrebbero riguardare anche il sistema di frenata del bus».

Così, la Corte di Tarragona. Nel frattempo, temendo una nuova archiviazi­one, con una mossa a sorpresa le famiglie hanno deciso di puntare in alto: governo centrale. «In luglio siamo andati tutti insieme a Madrid a parlare con il magistrato nazionale che sta seguendo per il ministero spagnolo la vicenda, alla presenza dell’ambasciato­re italiano e del console a Barcellona — rivela oggi Gabriele Maestrini, padre di Elena —. Il magistrato (Mario Sanz Fernandez-vega, procurator­e nazionale alla sicurezza stradale, ndr) ci ha confermato che anche dal suo punto di vista ci sono state delle anomalie nella gestione dell’indagine». Davanti a lui c’erano i genitori di Elena Maestrini, i papà di Francesca Bonello, Elisa Scarascia e Lucrezia Borghi e la madre di Elisa Valent. «Ci hanno rassicurat­o che un processo questa volta si farà, aspetto fiduciosa. Ma guardi che non è una questione di vendetta, solo di giustizia», sospira Anna Bedin, madre di Elisa.

Inevitabil­e il parallelo con una tragedia analoga successa in Italia quasi un anno dopo Freginals: la strage di Verona. Sempre un bus, sempre di notte, sempre uno schianto. Quell’incidente fece 17 vittime, tutti studenti. Ebbene, a maggio di quest’anno la procura veneta ha chiesto il rinvio a giudizio dell’autista per omicidio colposo plurimo: sbandò per un colpo di sonno.

«Ma io non mi sono addormenta­to, il bus si è spostato dalla parte posteriore, ho provato a raddrizzar­lo ed è successo qualcosa al sistema di frenata... diventa pericoloso quando il manto stradale è bagnato», ha replicato in una dichiarazi­one spontanea Santiago Rodriguez Jimenez, il 62enne conducente del bus spagnolo, unico indagato per la strage. I Mossos d’esquadra la pensano diversamen­te: «Non sono emersi difetti ai freni... non pioveva».

Se ci sarà una nuova archiviazi­one, le famiglie hanno già deciso il da farsi: «Ricorrerem­o alla Corte di giustizia d’europa», assicura Maestrini. Con lui, la madre di Elisa: «La verità deve essere scritta perché le nostre figlie non si sono suicidate».

La mamma di Elisa

«Ci hanno rassicurat­o sul fatto che un processo si farà Per noi non è una questione di vendetta, solo di giustizia»

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Giorni felici Gabriele Maestrini con sua figlia Elena, morta nello schianto. Nel riquadro le 13 vittime

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