Torniamo bambini?
Caro Corriere, per uno strano meccanismo mentale, tante personalità del mondo della cultura, del giornalismo e della politica quando parlano di calcio tornano bambini. E non pensano ai procuratori-squali, alle cifre folli e vergognose, alle partite truccate, alle società fallite. No. L’attenzione al dettaglio che hanno quando parlano di politica e economia lascia spazio al ricordo delle figurine Panini, al tifo romantico per la propria squadra, alla poesia.
Sergio Soraci Caro Soraci,
«...Nel calcio ci sono momenti che sono pura poesia, si tratta dei momenti del gol. Ogni gol è sempre un’invenzione, è sempre una sovversione del codice, ogni gol è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell’anno...». Così pensa e scrive Pier Paolo Pasolini del calcio, lui tifoso del Bologna. Uno dei più grandi intellettuali italiani, severissimo e rigoroso, «diventava bambino» come osserva lei. Ha ragione su certi ingaggi vergognosi, lontani dalla nostra realtà, dura e quotidiana: infastidiscono i guadagni di procuratori, manager, agenti e mille mediatori che creano il mercato e l’affare. Qui si potrebbe intervenire, moderare e tagliare. Urtano molto di meno i colossali guadagni dei campioni, perché Ronaldo, tanto per non fare un nome a caso, ma anche Icardi, Higuain, Modric si avvicinano con i loro gol, con le loro invenzioni tecniche, all’artista. E gli artisti sono sempre dei privilegiati, in particolare nel conto economico. Il calcio e lo sport regalano emozioni, facile cadere quindi nel sogno, nel sottile piacere, in quell’incanto dal potere ipnotico che conquista l’appassionato davanti all’azione del fuoriclasse. In questa fase prevale il cuore, che anima il tifoso, qualsiasi sia il suo mestiere e ruolo sociale. Lo scrittore, l’intellettuale, il docente universitario, il grande medico, il fine giurista in quel momento indossano la maglia della loro squadra: giocano e segnano anche loro. Facciamoglielo fare, le emozioni e il cuore non si governano. (Daniele Dallera)