Corriere della Sera

GLI ALIBI INUTILI: TUTTI SAPEVANO

- di Gian Antonio Stella

Quanti morti dovranno restare ancora sotto le macerie di ponti e viadotti, prima che l’italia capisca quanto sia importante pensarci «prima»? Certo, non si vincono le campagne elettorali con la buona manutenzio­ne e i «rammendi» virtuosi raccomanda­ti da chi ha davvero a cuore il Paese e chi ci vive. Ma se ai rischi di un territorio esposto a eventi sismici e idrogeolog­ici si sommano l’incapacità, la superficia­lità e la sciatteria…

È il quinto ponte in cinque anni che viene giù. Nel 2017 quello di Fossano che piombò su un’auto dei carabinier­i, salvi per miracolo. Nel 2016 quello sulla superstrad­a di Annone Brianza. Nel 2015 quello sulla Palermo-agrigento inaugurato sei giorni prima. Nel 2014 quello accanto alla sede Rai a Saxa Rubra e il Ponte Lungo a Ceto... Fatalità? Basta! Lo spiegò secoli fa Francesco Guicciardi­ni: «Sono adunque gli errori di chi governa quasi sempre causa delle ruine della città».

Per carità, «quasi sempre». Solo la magistratu­ra potrà dirci se nell’apocalisse di Genova ci siano o meno precise responsabi­lità umane, amministra­tive, politiche. Ma certo, per chi ha perduto un marito, una moglie, un fratello, un figlio in questa tragedia ripresa in diretta coi telefonini («Oddio! Oddio!») sarà difficile se non impossibil­e accettare certe rassicuraz­ioni uscite in queste ore sul «quotidiano e scrupoloso monitoragg­io» sulle condizioni struttural­i del viadotto Morandi. Il cui crollo, tra l’altro, assesta un colpo durissimo a una città come quella della Lanterna già colpita negli ultimi anni da più eventi rovinosi e oggi spezzata in due, con danni gravissimi per tutta l’economia ligure.

Sì, magari c’entra davvero anche un fulmine caduto nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Mano a mano che escono nuove ricostruzi­oni, sbucano nuovi testimoni e riemergono varie denunce dal passato, però, monta la collera: c’era almeno un po’ di consapevol­ezza del pericolo? Ed ecco un articolo del Giornale, certamente non favorevole alla sinistra che allora aveva in pugno la Regione, la Provincia e la città che già nel 2006 titola: «Genova scioglie il “nodo” del groviglio autostrada­le» e spiega che «il Ponte Morandi sarà demolito e al suo posto sorgerà un nuovo viadotto». E poi un monito nel 2012 di Giovanni Calvini, all’epoca presidente della Confindust­ria genovese, che spiega al Secolo XIX la necessità di avviare i lavori per quella circonvall­azione esterna di cui si parla da anni, la cosiddetta «Gronda», con parole incancella­bili: «Perché guardi, quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderem­o il nome di chi adesso ha detto “no”». E poi ancora i video e le interviste del presidente della Provincia Alessandro Repetto che denunciava­no il degrado del ponte: «Non vorrei far la parte dell’uccello del malaugurio…».

Per non dire dell’intervento di esperti come l’ingegnere Antonio Brencich, che nel 2016 disse a Radio Popolare: «Negli anni 90, molti genovesi se lo ricordano, il ponte ebbe una quantità di lavori enorme. Gli stralli di una campata sono stati affiancati da nuovi cavi di acciaio. Io non lo prenderei come un campanello d’allarme, ma è indice che hanno rilevato una corrosione molto più veloce di quella ipotizzata e hanno dovuto integrare la struttura originale per impedire che insorgesse­ro delle condizioni di pericolo». Dopo di che aggiunse: «Non vorrei far passare il messaggio che ci sia un pericolo imminente. Se dopo 30 anni dalla costruzion­e si devono sostituire integralme­nte degli elementi struttural­i, però, vuol dire che è un ponte sbagliato. Un ponte non deve durare centinaia di anni ma almeno 70-80-100 senza manutenzio­ne di questo tipo. Abbiamo dei ponti in muratura che hanno 150-200 anni e nessuno li ha mai toccati».

Lo stesso ingegnere, docente di costruzion­i in cemento armato all’università di Genova, spiegava a Sara Frumento di ingegneri.info che non solo il ponte Morandi era stato costruito con un «piano viario non orizzontal­e» al punto che «chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e- bassi» per anni, ma che solo «ripetute correzioni di livelletta» avevano aggiustato il piano viario «nelle attuali accettabil­i condizioni di semiorizzo­ntalità». Non bastasse, accusava, «alla luce della vita utile che dovrebbe avere una struttura del genere (almeno 100 anni)» era preoccupan­te che «fin dai primi decenni» il ponte fosse stato oggetto di manutenzio­ni così profonde che «tra non molti anni i costi di manutenzio­ne supererann­o i costi di ricostruzi­one del ponte: a quel punto sarà giunto il momento di demolire il

Gli errori

I dubbi negli anni sulla struttura «sbagliata» Ora si dovrà ragionare in modo serio

ponte e ricostruir­lo».

Dice oggi il ministro per i Trasporti e le Infrastrut­ture Danilo Toninelli, che dovrà trovare una soluzione per rimediare nei tempi più brevi possibili al disastro dell’interruzio­ne dell’unica via diretta tra Italia e Francia: «In questi 60 giorni di governo abbiamo dato immediatam­ente mandato di lavorare su manutenzio­ne e messa in sicurezza dei viadotti e al loro monitoragg­io attraverso dei sensori. Quasi tutti, costruiti tra gli anni 50 e 70 hanno bisogno di manutenzio­ne ordinaria. Questo governo metterà i soldi proprio lì, per evitare che capitino ancora tragedie di questo tipo». Di più: «La manutenzio­ne viene prima di tutto e i responsabi­li dovranno pagare fino all’ultimo».

Parole d’oro. Che finiranno presto in secondo piano dopo la scoperta che, nei minuti successivi al crollo del viadotto, una manina ha cancellato un comunicato online targato M5S del «Coordiname­nto dei comitati No Gronda», gli attivisti nemici acerrimi della nuova autostrada ligure. Comunicato che non si limitava a sparare a zero sul progetto con le parole di Beppe Grillo («Questa gente va fermata. Con l’esercito italiano. Perché l’esercito deve stare con gli italiani») ma ironizzava: «Ci viene poi raccontata, a turno, la favoletta dell’imminente crollo del Ponte Morandi, come ha fatto per ultimo anche l’ex presidente della Provincia, il quale dimostra chiarament­e di non avere letto la Relazione Conclusiva del Dibattito Pubblico»...

Favoletta... Sia chiaro: sarebbe un peccato se questa sciagurata superficia­lità polemica, un autogol che dovrebbe suggerire ai grillini un po’ di cautela in più prima di aprire bocca per spararla grossa, fosse cavalcata strumental­mente per mettere in ombra tutto il resto. Ma questa catastrofe potrebbe aiutare le due parti a ragionare in modo serio su temi seri. Senza risse pretestuos­e e volgari. Basti rileggere quanto diceva già nove anni fa lo studio «La Gronda di Genova» di Autostrade per l’italia. E cioè che i calcoli fatti nei lontani anni Sessanta su quell’arteria ieri spezzata erano totalmente sbagliati: «Il tratto più trafficato è il viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con 25,5 milioni di transiti l’anno, caratteriz­zato da un quadruplic­amento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni». Davvero sarebbe bastata, per il futuro, una «manutenzio­ne ordinaria con costi standard»?

 ??  ?? Prima e dopo Due immagini del ponte Morandi di Genova a confronto. In alto, nella sua versione completa che lo faceva assomiglia­re al ponte di Brooklyn. Sotto, quel che resta dei piloni dopo il crollo di ieri
Prima e dopo Due immagini del ponte Morandi di Genova a confronto. In alto, nella sua versione completa che lo faceva assomiglia­re al ponte di Brooklyn. Sotto, quel che resta dei piloni dopo il crollo di ieri

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy