Corriere della Sera

Cavalcavia vecchi «Sono migliaia»

Il cemento armato dopo 50 anni di usura si degrada Da Firenze a Catanzaro, timori per altri ponti Morandi

- di Claudia Voltattorn­i

ROMA Migliaia di chilometri. Con ponti, viadotti e gallerie. Tutta la rete stradale e autostrada­le che si snoda lungo l’italia è attraversa­ta da strutture come Ponte Morandi di Genova. Lunghi viadotti sospesi in aria che spesso si alternano a lunghi tunnel percorsi ogni giorno da migliaia di automobili e mezzi pesanti. Si tratta, però, di opere realizzate in tempi in cui il traffico era tutt’altro. Infrastrut­ture vecchie di oltre 50 anni, soprattutt­o in cemento armato, materiale che nei decenni si è usurato, diventando pericoloso. Due i crolli gravi solo nel 2017: uno sulla A14 vicino ad Ancona, due morti, l’altro nel cuneese, con due carabinier­i rimasti illesi.

«Negli Anni 60 non si metteva in conto che il cemento armato si degrada», spiega Diego Zoppi, membro del Consiglio nazionale degli Architetti. Invece, sta succedendo. «Ormai la sequenza di crolli sta assumendo un carattere di preoccupan­te regolarità — riflette Antonio Occhiuzzi, direttore dell’istituto di tecnologia delle costruzion­i del Cnr — perché decine di migliaia di ponti italiani hanno superato la durata di vita per la quale sono stati progettata, il Ponte Morandi è un caso di scuola: non c’è niente di eterno». A rischio anche un altro ponte progettato da Riccardo Morandi, ad Agrigento, chiuso per timore di crolli dal 2017 (altri due sono a Firenze e Catanzaro). In pericolo sarebbe il 60% di viadotti in cemento di oltre 50 anni. Avrebbero bisogno di essere sempre sotto osservazio­ne. Ma, come hanno scritto Milena Gabanelli e Rita Querzè sul Corriere, mancano i soldi: «A preoccupar­e di più sono proprio i cavalcavia delle Province, che dal 2014 non hanno più i fondi per manutenzio­ne e investimen­ti» e così i controlli si fanno «a vista» o si chiudono le strade. Autostrade (3 mila tra ponti, viadotti e cavalcavia) fa sapere di effettuare ispezioni ordinarie ogni tre mesi e l’anas (12 mila ponti) ha investito 180 milioni in manutenzio­ne. Troppo poco.

«I costi per la manutenzio­ne di queste strutture superano quelli per la demolizion­e e ricostruzi­one», ragiona Occhiuzzi del Cnr, ecco perché, «sarebbe meglio sostituirn­e gran parte con nuove opere dimensiona­te al tipo di uso di oggi: servirebbe una sorta di Piano Marshall». Intanto, Ponte Morandi sarà demolito completame­nte.

La tragedia evitata Ad Agrigento un’altra struttura a rischio crollo è chiusa dal 2017

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