«Era destino: è costruito su dei calcoli sbagliati»
«Il ponte Morandi è un fallimento dell’ingegneria». Già nel 2016 Antonio Brencich, docente presso la facoltà di Ingegneria dell’università di Genova, in un’intervista a Primocanale era stato chiaro. Oggi conferma tutto e spiega al Corriere: «Il crollo non è dovuto alla pioggia o alla scarsa manutenzione».
Come spiega la tragedia?
«Difficile dirlo. Ma quel tipo di ponte, a cavalletto bilanciato, ha un’estrema vulnerabilità al degrado. Al mondo ce ne sono solo tre uguali, tutti di Morandi. I problemi ci furono già con il
primo, inaugurato nel 1957 a Maracaibo, in Venezuela».
Cosa successe?
«Morandi non mise in conto che una nave potesse sbagliare campata. Due anni dopo una petroliera si incastrò sotto la più bassa. Ci furono sette morti. Era un ingegnere di grandi intuizioni ma senza grande pratica di calcolo».
E a Genova?
«I lavori di manutenzione iniziarono già negli anni Novanta. Gli stralli furono affiancati da cavi di acciaio. Indice che già a quel tempo fu rilevato un degrado tale da provare a correre ai ripari. Tanti genovesi poi si ricordano cosa succedeva all’inizio passandoci sopra: era tutto un saliscendi».
In che senso?
«Morandi aveva sbagliato il calcolo della “deformazione viscosa”, quello che succede alle strutture in cemento armato nel tempo».
La manutenzione dunque non c’entra?
«Il ponte era tenuto sotto controllo da un pool tecnico di prim’ordine. Ma tutte le indagini hanno zone d’ombra. Non si riesce mai a sapere tutto».