Lo spread in leggero calo Ma la Borsa non recupera
Dopo aver accusato l’america di tradimento e di aver pugnalato alla schiena l’alleato Nato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ieri ha lanciato un’altra sfida a Washington, annunciando in un discorso ad Ankara che la Turchia boicotterà i prodotti elettronici statunitensi. «Se da un lato ci sono gli iphone, dall’altro ci sono i Samsung» e «abbiamo anche i nostri Vestel», ha minacciato Erdogan.
Ma la nuova escalation commerciale non ha avuto effetti negativi sui mercati, che ieri hanno segnato una giornata di tregua. Anche grazie alle misure straordinarie annunciate dalla banca centrale per sostenere la valuta, la lira turca ha recuperato il 6%, dopo aver perso più del 20% tra venerdì e lunedì, mentre la Borsa di Istanbul ha chiuso in rialzo dello 0,79%.
In Italia il differenziale tra i Btp decennali e gli analoghi Bund tedeschi è sceso (leggermente) a 272 punti, dopo aver toccato quota 280 punti lunedì, con il rendimento al 3,03% dal 3,10%. Una frenata legata soprattutto alla nota di Palazzo Chigi ieri mattina per rassicurare sulla volontà del governo di conciliare gli obiettivi programmatici dell’esecutivo con la stabilità delle finanze pubbliche e, in particolare, garantire la continuazione del percorso di riduzione del rapporto debito/pil, dopo il vertice telefonico tra il premier Giuseppe Conte, i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio e il ministro dell’economia, Giovanni Tria.
E però il messaggio non è bastato a far rimbalzare Piazza Affari, che ieri ha perso lo 0,3%, in linea con gli altri listini europei. Londra ha chiuso a -0,4%, Parigi ha ceduto lo 0,16%, mentre Francoforte è rimasta invariata. Paga ancora pegno Unicredit, principale azionista di Yapi Kredi, quarta banca turca, in calo del 2,04% a 13,14 euro, dopo la flessione del 2,58% di lunedì e il 4,73% perso venerdì. La caduta di Atlantia, holding di controllo di Autostrade, è invece legata al crollo del Ponte Morandi a Genova.
Anche l’euro non ha beneficiato del recupero della lira turca. La moneta unica si è indebolita ulteriormente, scendendo sotto quota 1,14 sul dollaro. Ad agitare i mercati valutari è il timore che la crisi turca, tutt’altro che risolta, possa contagiare anche le economie emergenti più fragili, dall’argentina alla Russia, dal Sud Africa al Brasile e all’india, finita ieri sotto i riflettori quando la rupia è scesa al minimo storico sul dollaro, scambiando a 70,9. New Delhi preoccupa gli investitori perché il suo deficit commerciale a luglio è salito a 18 miliardi di dollari, ai massimi da oltre 5 anni, rispetto ai 16,6 miliardi di giugno. Un aumento legato soprattutto al rincaro dei prezzi del petrolio, di cui il Paese è un forte importatore (compra dall’estero oltre l’80% del suo fabbisogno). Un’altra cattiva notizia per l’economia globale.
Erdogan ieri ha lanciato un’altra sfida a Washington, annunciando che la Turchia boicotterà i prodotti elettronici statunitensi