Corriere della Sera

Ragazze in cima all’afghanista­n «Saliremo e urleremo: libertà»

Hanno poco più di 20 anni: partono alla conquista del Noshaq, 7.492 metri

- Di Marta Serafini

di un Paese costanteme­nte in guerra. «Non scaliamo mai in zone dove si combatte o si è combattuto di recente», assicura Marina.

Libere dal burqa o dal velo (se lo desiderano), le ragazze di Ascend vengono da tutte le regioni del Paese e sono di estrazione diverse: hazara, pashtun, ricche, povere, di campagna e di città. Ad aiutare Marina anche Freshta Ibrahimi, coordinatr­ice del progetto, che dopo la laurea in Business Administra­tion a Kabul ha deciso di lanciarsi in Via il velo, su il caschetto Una ragazza afghana durante un’arrampicat­a organizzat­a dalla ong Ascend questo nuova avventura. «Uno degli stereotipi più diffusi sulle donne afghane è quello del burqa. Ma è solo un modo comodo e superficia­le di dipingerci. La società afghana sta cambiando gradualmen­te. Le donne possono anche indossare il velo ma questo non significa che non vogliano studiare o che non possano lavorare. Soprattutt­o le giovani generazion­i stanno cambiando», spiega Freshta. Le due donne stanno attente a non mettere in difficoltà le ragazze e a non inimicarsi la parte più conservatr­ice della società. «Per partecipar­e alle nostre attività è infatti necessario avere il permesso dei genitori», sottolinea­no.

Ora il nuovo obiettivo di Ascend è la vetta più alta dell’afghanista­n, il Monte Noshaq, 7.492 metri, sull’hindu Kush. Un’impresa epica che Marina ha sempre sognato e per cui lei e le sue ragazze si stanno allenando da oltre due anni. «Se ce la possono fare gli uomini, ce la dobbiamo mettere tutta e riuscirci anche noi». Storie di quotidiana resistenza. Ma anche di amicizia. «Nel 2016 ho conosciuto Erin Trieb, una giornalist­a freelance. Con la sua compagna, la filmaker Theresa Breuer, hanno partecipat­o a una nostra missione e hanno deciso di realizzare un film su di noi. E siamo contente: pensiamo sia importante mandare un messaggio chiaro a tutte le donne afghane e a tutte le donne del mondo». Titolo del documentar­io — che sarà finanziato in crowdfundi­ng — Uphill Battle, un’impresa difficile. Ma non impossibil­e.

@martaseraf­ini

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