Corriere della Sera

REGOLE? NECESSARIE MA LA RETE PRODUCE ANCHE UGUAGLIANZ­A

- Di Gianluca Mercuri

Google, Facebook e gli altri big di Internet, come gli aspetti più controvers­i dell’economia della condivisio­ne e dei «lavoretti», sono sottoposti giustament­e a una critica attenta. Il continuo emergere di scandali e abusi rischia però di oscurare gli aspetti benefici del nuovo mondo, con un paradossal­e effetto echo chamber — la tendenza a confrontar­si solo con tesi affini — simile a quello che dilaga sui social. Un intervento del giurista americano John O. Mcginnis su Time ci scuote da questa inerzia. Il suo argomento è semplice: la smania regolatric­e del mondo progressis­ta rispetto alla Rete e alle nuove dinamiche economiche contraddic­e la sua pretesa lotta all’ineguaglia­nza. Miliardi di persone, ricorda, benefician­o di ricerca, mappe e connession­i a costo zero, in cambio di dati che le aziende vendono alla pubblicità targettizz­ata. Lo sappiamo bene, ma lui ci fa notare un aspetto spesso omesso: «La forza equalizzan­te di questi servizi. Più ricco è l’utente, più valore hanno i suoi dati. Così, molte persone di mezzi modesti ricevono un beneficio netto maggiore di quello dei ricchi». Altri esempi: il ridesharin­g non serve certo all’1% di straricchi, abituati allo chauffeur, «ma è una buona approssima­zione dello chauffeur per i non straricchi». E Airbnb «promuove l’eguaglianz­a perché consente a chiunque di monetizzar­e il proprio bene più grande: la casa». Insomma: la sharing e la gig economy aprono alla classe media e medio-bassa opportunit­à impensabil­i solo pochi anni fa. L’inquadrame­nto incerto degli addetti (autisti, fattorini eccetera) in quest’ottica non sarebbe un sopruso ma una risorsa: possono lavorare a piacimento e «avere più cura per la famiglia o più tempo per altre attività», come lo studio nel caso dei giovani. Gli economisti calcolano che questo vale il 40 per cento dello stipendio. A Big Tech va imposta trasparenz­a sull’uso dei dati. Ma norme troppo restrittiv­e compromett­ono il potenziale democratic­o del nuovo modello. Sì, c’è materia per riflettere.

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