Una cura per i jeans Lo scorporo da Corp di Wrangler e Lee
Negli Usa i jeans non sono il capo più desiderato del guardaroba e negli ultimi cinque anni le vendite sono passate da 18,8 miliardi di dollari a 16,2 miliardi e il colosso dell’abbigliamento VF Corp, proprietario dei marchi Wrangler, Lee, Rustler e Rock & Republic sta correndo ai ripari. La multinazionale ha annunciato lo spin off della sua divisione denim per focalizzarsi sui marchi di outwear che i consumatori più prediligono. Il nome per la nuova azienda non è stato ancora definito, avrà una vita propria, sede a Greensboro (North Carolina) e sarà guidata da Scott Baxter, attuale presidente della divisione American West. Una strategia che secondo il Ceo Steve Rendle permetterà «di accelerare l’innovazione, attrarre talenti e sviluppare più sintonia con i consumatori».
Secondo «The Wall Street Journal», la decisione di VF Corp, che possiede i marchi Vans, Timberland, North Face, Jansport e Eagle Creek, rientra in una riorganizzazione strategica. Già nel 2017, VF aveva dato prova di dinamismo, comprando Williamson-dickie, specializzato in abiti da lavoro e il marchio neozelandese Icebreaker, azienda di abbigliamento outdoor di qualità in lana merino.
«Oggi la gente usa abbigliamento sportivo per ogni tipo di occasione: al lavoro, per giocare, per andare a scuola, senza un fine necessariamente atletico», ha commentato Matt Powell, analista di Npd group. Sono lontani insomma i tempi in cui l’attore Steve Mcqueen si faceva fotografare con una camicia Wrangler. Era il 1952 e il marchio era stato lanciato cinque anni prima come simbolo dei cow-boy. Ma è davvero la fine del denim? «Un americano ha nel cassetto almeno cinque paia di jeans, un adolescente indiano forse uno, ma i jeans sono il sogno di milioni di ragazzi asiatici che agli abiti tradizionali preferiscono la moda occidentale», ha detto Giulio Cesareo, fondatore di Directa Plus, che in maggio ha stretto un contratto con Arvind, colosso indiano capace di produrre cento milioni di metri di tessuto l’anno e sei milioni di jeans.
L’azienda di Lomazzo (Como) produce circuiti a base di grafene G+ con capacità termoregolatrici. «Reagiscono alla temperatura, regolandola. Rendendo il denim più confortevole, si aprirebbe un mercato importante nei Paesi dove il termometro supera 40 gradi».