Il paese che convive col terremoto «Tanta paura, ma vogliamo restare»
Montecilfone, notti in auto a guardia delle case. I sindaci: il governo venga anche qui
Epure la seconda notte è passata in macchina, a Montecilfone, per i coraggiosi che sono rimasti a sfidare la nuova faglia del Basso Biferno. Il terremoto del 16 agosto è arrivato col «rumore di un treno», raccontano gli abitanti dell’epicentro. E adesso mezzo paese vive sospeso tra il terrore e la voglia di tornare alla normalità. Molti negozi hanno riaperto, il fornaio Peppino Manes ieri all’alba era ad impastare il pane come se non fosse successo nulla.
Resistere qui è il primo comandamento. Loro la chiamano «protezione civile condominiale», nel senso che ora sono accampati davanti alle case e passano il tempo a guardarle, anche se la scossa 5.1 di giovedì sera le ha fatte tremare ma non crollare, perché dopo il sisma di San Giuliano di Puglia (30 chilometri in linea d’aria, magnitudo 5.7 e 27 bambini morti insieme alla loro maestra) l’edilizia in Molise si è fatta più accorta.
Chi non regge alla paura
In tanti, però, non hanno retto all’uno-due del 14 (magnitudo 4.6) e 16 agosto (5.1), hanno fatto le valigie e sono andati via, svuotando questo comune di emigranti che d’estate quasi raddoppia (da 1.500 a 3 mila unità) con il ritorno di tutti i suoi figli da Germania, Austria, Belgio, dove si trasferirono in cerca di lavoro. A Stoccarda, 20 anni fa, Antonio Marinelli, autista, conobbe Petra Kummer, l’ha sposata e da pochi giorni erano qui insieme per le vacanze coi parenti. Ma Petra adesso ha troppa paura e ieri hanno cercato un appartamentino in affitto a San Salvo sulla costa nella speranza di ritrovare il sonno.
Montecilfone, Guglionesi, Acquaviva Collecroce, Guardialfiera, Palata, San Giacomo degli Schiavoni: questi i comuni che stanno ballando dal 25 aprile scorso (magnitudo 4.2). Enzo Tozzi, sindaco di Guardialfiera, ieri è andato personalmente a togliere qualche calcinaccio caduto sull’altare maggiore della Cattedrale e dice che «come al solito il Molise viene dimenticato, capisco che tutto il governo adesso sia impegnato a Genova, ma spero che qualcuno dei ministri in futuro venga qui a vedere. Il mio paese ora è quasi isolato per la chiusura di due viadotti».
Sindaci in trincea
In prima linea anche Franco Pallotta, che a Montecilfone quando c’è stata la grande scossa giovedì sera era in tabaccheria dalla moglie «e hanno iniziato a volare le sigarette e le caramelle», prova a scherzare dopo la notte insonne. Ha già chiuso la chiesa, le Poste, il supermercato e ora ha 140 richieste di sopralluogo da fronteggiare. Una trentina di vecchietti li ha portati a dormire al sicuro dentro il complesso antisismico della scuola «Don Gnocchi» e ha trovato un tetto anche per i circa 60 immigrati che rientrano nei progetti Sprar e Cas, come i due ragazzi gambiani Mohamed Viada e Abdoul Ceesay arrivati 2 anni fa dalla Libia su un barcone e ora iscritti all’alberghiero di Termoli: «Mai sentito un terremoto in vita nostra», dicono in un buon italiano.
Il sindaco di Guglionesi, Mario Bellotti, ha piantato tre tende vicino al campo sportivo e altrettante alle Case Fiat: basteranno, perché anche qui gli edifici hanno retto (ma 4-5 sono ancora in ristrutturazione dopo il sisma del 2002) e i bar su viale Margherita, il cuore del centro storico, hanno già riaperto per ingannare il timore dello sciame. Non tutti, però, hanno i nervi saldi. Lolita Iaboni se ne tornerà a Roma e Annarosa Marcantino a Prato, come pure Lino Moretti, partito da Sanremo il 10 agosto per venire a trovare a Guglionesi sua madre Maria: «Adesso che ci penso sono passato con moglie e figli sopra il Ponte Morandi di Genova», sospira, sentendosi miracolato due volte.
Il viadotto del Liscione
Già, il Ponte Morandi di Genova. E allora adesso, dopo la scossa 5.1, l’incubo dei molisani si chiama viadotto del Liscione, chiuso da ieri per precauzione. Così la regione ora è divisa in due, tra la costa e l’interno. Il viadotto del Liscione: cinque chilometri di ponte, sopra il lago artificiale di Guardialfiera, che sta lì da 47 anni «senza mai un collaudo», dice la gente.
«Solo favole», replica l’assessore ai Lavori Pubblici del Molise, Vincenzo Niro, che però sente su di sé l’enorme responsabilità e ha già mandato delle squadre di tecnici a controllare giunti, pilastri e campate. Oggi poi arriverà pure una speciale strumentazione per chiarire definitivamente se la scossa del 16 agosto abbia minato o meno la stabilità dell’opera. «Entro lunedì, quando cominceranno i rientri dalle ferie, sarà tutto più chiaro» promette l’assessore.