La sinistra di Stegemann che «dice cose di destra»
Che l’ondata delle migrazioni avrebbe mutato completamente il panorama della politica europea molti lo avevano previsto, fin dall’inizio. Ma nessuno aveva immaginato — nonostante alcuni segnali premonitori — che il partito tedesco di estrema sinistra, Die Linke, avrebbe dato vita ad un movimento definito «di destra» da un osservatore come l’editorialista della Süddeutsche Zeitung Heribert Prantl. Il nome — questo sì, sinistro — è «Aufstehen» (alzarsi). Verrà lanciato ufficialmente ai primi di settembre. Uno dei fondatori è Bernd Stegemann, 51 anni, nato a Münster, drammaturgo, saggista, autore del discusso Das Gespenst des Populismus (Il fantasma del populismo). «Quando le persone vivono in condizioni sociali sicure sono generalmente disposte ad agire in modo generoso e tollerante, mentre chi vive in condizioni sempre più precarie può anche reagire in modo più duro e più freddo», ha detto al Guardian. Chi meglio di lui, che lavora al Berliner Ensemble, può citare Bertolt Brecht nell’opera da tre soldi: «Prima il cibo, poi la morale».
Stegemann ritiene «assurdo» che «i vincenti del neo-liberismo dicano ai perdenti di essere più umani». Ma la sua non è una battaglia ristretta alle teorie antagoniste nell’era della globalizzazione. «Aufstehen» vuole fare concorrenza all’estrema destra di «Alternative für Deutschland» proprio sul terreno della lotta ad una emigrazione che — sostengono — ha peggiorato il livello di vita dei tedeschi: fare entrare i rifugiati in modo illimitato danneggia gravemente chi è già costretto ad affrontare problemi come i bassi stipendi e gli affitti in aumento. Con lui ( o meglio, sopra di lui) c’è un personaggio molto noto: la capogruppo della Linke Sahra Wagenknecht, leader di una delle due ali del partito, da tempo convinta della necessità di riprendersi i voti di protesta passati dall’altra parte. I due hanno scritto un articolo a quattro mani sulla Nordwestzeitung, invocando una linea «realistica» sull’accoglienza che non vada a scapito di chi ha contratti a tempo determinato, pensioni esigue, bambini che non possono ricevere un’educazione dignitosa. Quella dei profughi, insomma, è una «fissazione». Via la «sinistra morale», serve una «sinistra materialista».
E allora? Perché scandalizzarsi, si potrebbe dire, visto che anche «La France Insoumise» di di Jean-luc Mélenchon (primo tra i candidati della Gauche, con il 19, 58%, alle presidenziali 2017) insiste su priorità analoghe? Ma una riflessione è opportuna, dato che il confine nazionalismoegoismo è labile e le ricette autarchiche sono un pericolo mortale. Intanto, però, è arrivato il momento per i progressisti europei di riscrivere completamente l’agenda politica, facendo tesoro degli errori fatti (e delle scelte compiute sull’onda della necessità) coniugando integrazione e rigore, diritti e sicurezza, condivisioni e regole. Mettendo poi al bando il rancore. La posta in palio è semplice: il futuro di tutti. Evitando di guardare dall’altra parte. Perché sempre Brecht scriveva, nella poesia A chi esita, «Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua».