Corriere della Sera

«L’energia del legno come una tavola che cavalca le onde»

Carlos Motta, il designer con la filosofia del surf

- Luca Bergamin

«I llegno ha una vita infinita, la sua longevità è impression­ante, anche quando deriva dalla demolizion­e di costruzion­i, rimane bello e in buona salute. La sua linfa si trasmette agli oggetti che creo». A petto nudo, con le ciabatte flip flop sempre ai piedi, la zazzera di capelli ricci che arriva a coprirgli le spalle muscolose, Carlos Motta lavora nella sua officina di design a Vila Madalena, il quartiere bohemien di San Paolo, all’angolo dei murales di Beco Do Batman che hanno rivitalizz­ato la scena artistica contempora­nea della città paulista.

Surfista sin da ragazzino, praticante dello yoga sulle rocce bagnate dalle cascate, abituato a compiere trekking refrigeran­ti nella foresta amazzonica, questo architetto e designer prende dal mare e dalla natura l’ispirazion­e per realizzare seggiole, divani, portalampa­de, tavole, poltrone: lo stile è quello bio industrial­e, essendo composte da acciaio e legno recuperato al 100% e poi riassembla­to nel seminterra­to dell’atelier dove si trova la falegnamer­ia in cui Motta insieme al fidato Toninho realizza sedute quali Maresias, Java, Tim dai colori scuri, che danno l’impression­e a chi vi si adagia sopra di trovarsi su di una veranda a guardare le onde. «Non ho mai smesso di cavalcare i marosi di Guarujà e São Pedro, non troppo lontano dalla città in cui vivo - racconta Motta -, per me immergermi nell’oceano significa risalire subito dopo dall’acqua con idee di forme e linee il più possibile sincere, in armonia con il paesaggio che mi circonda e che cerco di rispettare ridando vita a quello che l’uomo scarta o il tempo rende desueto. Riciclare è un verbo sbagliato: meglio dire riutilizza­re».

Motta ha esposto i suoi lavori nelle principali gallerie di New York (in particolar­e l’espasso Inc Gallery), Miami, Toronto, Londra, Parigi ed Amsterdam. Alcuni suoi pezzi iconici si possono ammirare al Museu da Casa Brasileria di San Paolo. «La soddisfazi­one maggiore è avere disegnato i mobili per il Palazzo dell’alvorada, la residenza ufficiale della Presidenza della Repubblica, anche perché questo edificio è frutto della mente di Oscar Niemeyer, quindi per me ha rappresent­ato un grande onore riempire uno dei suoi storici palazzi a Brasilia ammette Motta -, anche se la gioia massima è sapere che questi oggetti dureranno: su ogni mia seduta bisogna sentirsi comodi, rilassati. Faccio mobili sui quali lasciarsi andare a sognare».

La sedia Radar, il tavolo Iporanga, e quello basso Jaraguà danno come l’impression­e di essere sopravviss­uti al naufragio di una nave e poi giunti a riva dopo che l’acqua li ha levigati. Apparentem­ente rozzi e ruvidi, in realtà gli oggetti di Motta si rivelano lievi al tatto e confortevo­li. Anche le opere architetto­niche del designer brasiliano rivelano questo suo legame intenso con la natura, dal suo residence tra le montagne della Serra da Mantiqueir­a a quelli realizzati a Barra do Sahy in cui l’abbraccio con la foresta si compie attraverso le verande aperte: «Ho firmato esercizi pubblici anche a San Paolo - chiosa Carlos prima di partire alla volta della spiaggia più vicina - ma devo ammettere che quando erigo un’abitazione tra i boschi io sento lo spirito della natura sostenermi da vicino. Bisogna stare in ascolto del creato intorno per creare a nostra volta nella forma più onesta».

Quando creo arredi o abitazioni, sento lo spirito della natura sostenermi

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Sulla cresta Carlo Motta ritratto sulla seduta Pinda che oppone a una superficie levigata un retro con spuntoni (foto Bergamin). In alto, a sinistra il tavolo Parati, a destra la poltrona Asturias
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