Corriere della Sera

Qui dove visse Silvio Pellico ho «ritrovato» mio padre

Raimonda Lanza di Trabia: nella villa di Moncalieri gli echi della vita di un principe siciliano

- Giosué Boetto Cohen

Non è dato sapere come e quando avrà inizio il viaggio alla ricerca di un padre o una madre che non abbiamo più. O che non abbiamo mai conosciuto. O che pensavamo di aver conosciuto. L’assenza - fisica o di relazione - il distacco e i suoi traumi, la scomparsa improvvisa, sono fatti quotidiani. Ma il tempo della loro elaborazio­ne dipende da noi. Raimonda Lanza di Trabia, figlia di Raimondo, ultimo principe della antica casata siciliana, morto in circostanz­e misteriose nel 1954 due mesi prima che lei nascesse, la sua ricerca la sta compiendo con strumenti diversi.

Innanzitut­to con due libri. Che hanno l’aspetto di una biografia romanzata (Mi toccherà ballare, scritta a quattro mani con la figlia Ottavia nel 2014) o di una spy-story alla vigilia della seconda guerra mondiale (Quando si spense la notte, 2018, in cui ha profuso anni di studi e firma la prefazione). Due volumi agili ma ingombrant­i, perché Raimondo, fu, tra l’altro, figlio illegittim­o, che solo una nonna irriducibi­le (Giulia Florio) riuscì a mettere in regola. E poi alfiere e prigionier­o – al tempo stesso della sua Sicilia, volontario in Spagna (dalla parte di Franco), inviato di Galeazzo Ciano a Londra, aspirante petroliere, persino «inventore» del calcio mercato.

La scoperta e il racconto di una tal vita si devono anche a un luogo evocatore, una casa che racchiude pezzi e ombre di altre case. E che ha reso possibile, con la sua mistura profonda, che il cammino prendesse avvio. Questo porto di partenza, o di arrivo, o da cui non occorre nemmeno allontanar­si troppo, è la dimora di campagna con dodici ettari a vigneto costruita nel 1785 dai San Fermo sulla collina di Moncalieri. Acquistata e ampliata dalla marchesa Falletti di Barolo, che prima ospitò Silvio Pellico e alla sua morte ne fece un ostello per «ragazze sfortunate», nel 1939 ha rischiato di sparire, con gli alberi del suo parco, nelle mani di solerti legnaioli.

Salvata da Umberta Nasi, nipote del senatore Agnelli, è stata da questa racchiusa in uno dei più bei giardini progettati, fuori dall’inghilterr­a, dal maestro Russell Page. Sparita ormai la vigna, è da una decina d’anni la casa di Raimonda Lanza e suo marito, Emanuele Gamna. Un’acquisizio­ne recente, ma che parte e porterà lontano. - «Era l’abitazione di amici molto cari – racconta Raimonda da una piccola panchina bianca, ancora più piccola perché all’ombra di un platano piantato per la visita di Napoleone . - Un luogo che vedevamo amare da decenni e che anche noi avevamo cominciato ad amare. Quando andò

Memorie

Qui tutto mi ricorda l’infanzia a Palermo nella casa «umana» di Terre Rosse, non nel «disumano» Palazzo Butera La rivelazion­e

Solo qui ho avuto il coraggio di aprire una valigia di cuoio con centinaia di lettere e di scoprire la storia del papà mai conosciuto

in vendita (e tutti gli arredi furono battuti all’asta), prenderla, per noi, fu una scelta naturale -». La coppia allora viveva a Milano, un trasferime­nto in collina non era in programma. Ma l’attrazione del luogo fu fatale. Le finestre, gli intonaci, il parco a pochi passi dal centro, le delicate scale che disegnano ovali fino alla mansarda, ricordano a Raimonda qualcosa dell’infanzia a Palermo. «Villa Trabia alle Terre Rosse era la nostra casa di città “umana” – spiega la nobildonna - l’antico Palazzo Butera, con la sua mole e gli scaloni di reliquie, era disumano. Quando, con la rovina delle zolfare e di casa Trabia, Terre Rosse fu venduta, insieme a un castello a mare che era il mio vero rifugio, io ebbi un trauma. Dovetti imparare a staccarmi dalle case, perche anche loro, per quanto secolari e immobili, entrano ed escono dalle nostre vite».

Sette anni dopo il fallimento, però, una colonna di camion da trasloco stava riarredand­o Villa Silvio Pellico a Moncalieri. E in questo luogo sarebbe accaduto l’impossibil­e. «Alla morte dello zio Galvano, fratello di Raimondo – ricorda Raimonda Lanza - era arrivata una grossa valigia di cuoio colma di centinaia di lettere. L’avevo aperta e l’avevo chiusa. Per vent’anni. C’è voluta questa casa aliena (ma non troppo), la violenza di un trasloco, una città nuova, per spalancare una finestra sulla parte più importante e nascosta del mio passato. Superando i silenzi di mia madre (l’attrice Olga Villi), la presenza intermitte­nte di mio zio, la mitologia un po’ vacua che ha sempre circondato la vicenda di mio padre. Nella cappella neogotica, dove riposano anche le ceneri di Umberta Nasi, nel buio estivo (alla siciliana) delle infilate di saloni, nel giardino che Russell Page ci mise dieci anni a disegnare, ai bordi delle vasche e dei falsi labirinti, io ho trovato il coraggio di aprire quella valigia. E da figlia, da madre, da nonna, mi sono infine presa cura, con immenso amore e anche qualche risata, di un padre uomo, ragazzo, bambino».

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La bellezza della Storia Da sinistra, Villa Silvio Pellico, costruita nel 1785 dai San Fermo (foto Guido Taroni); uno dei salotti della dimora e una veduta del giardino progettato da Russell Page
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 ??  ?? Doppio ritratto Raimonda Lanza di Trabia nel salotto. Dietro, il suo ritratto realizzato da Velasco Vitali. Sua madre era l’attrice Olga Villi
Doppio ritratto Raimonda Lanza di Trabia nel salotto. Dietro, il suo ritratto realizzato da Velasco Vitali. Sua madre era l’attrice Olga Villi

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