Corriere della Sera

La seconda vita italiana di Ancelotti

Nove anni fa lasciò la serie A: «È difficile cambiare una squadra che ha fatto bene»

- Roma, ore 20.30 Stefano Agresti

Anche l’ultima volta che lo abbiamo visto su questi schermi c’era un Inzaghi di mezzo, ma si chiamava Filippo e non Simone e lui, Carlo Ancelotti, lo faceva giocare centravant­i. Il suo era un Milan ancora pieno di campioni, da Maldini a Kakà, da Nesta a Pirlo e perfino a Beckham, ma si stava pian piano indebolend­o per raggiunti limiti di età. I rinforzi non arrivavano più come un tempo e sembrava che la colpa di quel secondo posto — alla pari con la Juve e dietro alla prima Inter di Mourinho — fosse soprattutt­o sua. Me ne vado all’estero, sbottò: fu l’inizio di un percorso in gran parte trionfale tra Chelsea e Psg, Real e Bayern.

Sono passati nove anni da quel 31 maggio del 2009 quando, vincendo a Firenze 2-0 (gol di Kakà e Pato), Ancelotti mollò l’italia e diventò un emigrante del pallone. Stasera lo ritroviamo sulla panchina di una nostra squadra molto ambiziosa, il Napoli, e con due avversari di fronte: la Lazio dell’altro Inzaghi, Simone, e il Napoli di Sarri, con il quale i paragoni sono già cominciati e diventeran­no spietati — in un senso o nell’altro — fin da subito. «È difficile cambiare quando metti le mani su una squadra che ha fatto non bene ma benissimo: serve tempo. È tutto più semplice, invece, se le cose sono andate male: allora sì che riesci a incidere in fretta».

Ancelotti, con quella sua serenità quasi disarmante in una città che freme, ripartirà da dove aveva lasciato Sarri: il 4-3-3. Un po’ per scelta, un po’ perché il mercato non gli offre grandi soluzioni alternativ­e e nuove. Qualche variante però ci sarà, e nient’affatto trascurabi­le. Hamsik regista anziché Jorginho, ad esempio: riuscirà a plasmare in quel ruolo anche Marek, lui che si è inventato Pirlo pilota del Milan? Cambierann­o in parte pure i compiti dei due esterni d’attacco, che spesso dovrebbero partire un po’ più accentrati, senza avere necessaria­mente i Avversari Partenza in salita per Carlo Ancelotti. Sfiderà la Lazio di Simone Inzaghi, già pronto a pedalare (Reuters, Ansa) piedi sulla linea laterale. E poi ci sarà Milik centravant­i con Mertens che quasi certamente finirà in panchina, anche perché è arrivato tardi dai Mondiali. «Le caratteris­tiche del nostro attaccante centrale, chiunque sia, sono identiche: entrambi si muovono allo stesso modo per sviluppare gioco, anche Milik manda dentro i compagni. Mertens, semmai, ha maggiore rapidità quando va in profondità, mentre l’altro ha più gioco aereo e posizione in area».

La sfida tra Lazio e Napoli ventiquatt­ro ore dopo la chiusura del mercato servirà anche a dare un primo giudizio sulle scelte estive dei due club. Lotito e De Laurentiis hanno avuto un percorso simile, cambiando pochissimo (in campo dovrebbero esserci appena tre novità: Acerbi, Badelj e Karnezis) eppure l’atmosfera è opposta. Da una parte c’è l’euforia laziale per la conferma di Milinkovic-savic, dall’altra la delusione napoletana per un grande colpo sognato e mai arrivato. Inzaghi è ovviamente felice: «Sergej era richiestis­simo, così come Immobile e Luis Alberto, ma la società è stata abile a tenerli. Il livello delle concorrent­i si è alzato però noi vogliamo confermarc­i lassù». Ma è soddisfatt­issimo anche Ancelotti, il quale ha tra le sue caratteris­tiche quella di essere aziendalis­ta fino al midollo: «Ho chiesto a De Laurentiis di non cedere i migliori e lo ha fatto, credo con sacrificio da parte del club. Ha mantenuto le promesse, insomma». E pensare che i tifosi del Napoli sono convinti del contrario.

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