Corriere della Sera

La piccola Kristal che voleva il mare

Il bilancio ora è definitivo. Trovato l’operaio Mirko Un camionista romeno si spegne dopo 5 giorni di coma

- Di Cesare Giuzzi

GENOVA Il presidente Mattarella si ferma sotto al sole, in silenzio, e fissa la Hyundai accartocci­ata con intorno le macerie del ponte Morandi. È l’ultima auto estratta dal letto del Polcevera dopo giorni di scavi. Il capo dello Stato visita il «cratere» del ponte poco prima dell’inizio dei funerali delle vittime della strage. Nella macchina ci sono i segni di una vacanza mai cominciata.

Nel giorno delle esequie di Stato si aggiorna — definitiva­mente — il bilancio delle vittime con il ritrovamen­to di tutti i corpi dei dispersi e il decesso in ospedale di uno dei feriti, il camionista romeno Marian Rosca. Salgono così a 43 i morti. Anche se i vigili del fuoco non hanno smesso di scavare perché restano da recuperare i corpi della famiglia Cecala — Cristian, la moglie Dawna Munroe e la figlia Kristal di 9 anni —, e si devono ultimare le procedure di riconoscim­ento. Ma con il ritrovamen­to della loro vettura non ci sono più speranze. Per questo la Prefettura parla ufficialme­nte di 40 deceduti e tre dispersi. L’elenco delle persone da ritrovare, a cinque giorni dalla tragedia, è però chiuso e non ci sono state altre segnalazio­ni.

Cristian Cecala, 42 anni, era partito da Oleggio, nel Novarese, con largo anticipo. Non voleva rischiare le code dei giorni di Ferragosto e temeva di non arrivare in tempo a Livorno per l’imbarco verso l’isola d’elba. Sarebbero dovuti salpare con il traghetto alle 17, ma alle undici e quarantaci­nque erano sul ponte Morandi. Lui, la moglie Dawna, di origini giamaicane, e la piccola Kristal, con le treccine e gli occhi sempre sorridenti, nata un anno dopo il matrimonio. «L’ho vista il giorno prima. Era felice di andare in vacanza», raccontano gli amici. Cristian era partito dopo un turno di lavoro nell’impresa di costruzion­i del fratello Antonio, lo stesso che, insieme alla madre Amelia e a una zia, era partito per Genova quando le immagini del ponte crollato erano rimbalzate in television­e e il cellulare di Cristian e Dawna aveva continuato a squillare senza che nessuno rispondess­e. Il telefono era stato localizzat­o dai soccorrito­ri proprio nella zona del Polcevera, immobile. «Ormai avevamo perso ogni speranza, il ritrovamen­to dell’auto ci ha solo confermato che sono rimasti schiacciat­i dal crollo», hanno detto i familiari riuniti ad Oleggio. «Davanti al dramma di una famiglia spezzata non ci sono parole che possano alleviare la sofferenza», il messaggio della Diocesi di Novara. Mentre il parroco di Bedisco, don Claudio Vezzani, s’è stretto alla famiglia.

Ieri in tarda mattinata è stato recuperato anche il corpo senza vita dell’ultimo disperso, il dipendente dell’amiu Mirko Vicini, rimasto ucciso insieme al collega Bruno Casagrande dal crollo del cavalcavia. Sua madre Paola è stata la protagonis­ta della storia più struggente di questi giorni. Da martedì non ha mai smesso di stargli vicino, dormendo ogni notte in un capannone prima e in una branda della Croce Rossa poi, accanto al ponte crollato. Anche Marian Rosca, 36 anni, è morto insieme al collega Anatoli Malai con il quale lavorava per una ditta di traslochi. Era stato prima elencato tra le vittime, poi i parenti (lui viveva a Parigi) lo avevano trovato tra i feriti ricoverati al San Martino. Ieri pomeriggio la morte dopo cinque giorni di coma.

Dalla conta delle vittime è stato invece depennato Albert Loohuis, il tedesco di 70 anni dato per disperso. Ieri ha telefonato per far sapere che sta bene ed è lontano da Genova.

Il turista tedesco Albert, dato per disperso, telefona alla Prefettura: «Non ero lì, sono vivo e sto bene»

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Il sorriso Cristian Cecala, 42 anni, abbracciat­o alla moglie Dawna Munroe, di origini giamaicane: in mezzo a loro la piccola Kristal di 9 anni

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