«Stato assente dai controlli»
Il procuratore: la sicurezza non può andare ai privati
GENOVA Procuratore Francesco Cozzi, come vede questo disastro?
«Cerco di vederlo con gli occhi del magistrato che deve indagare sulle responsabilità di una tragedia immensa. Oggi al funerale c’era gente ferita nel profondo ma forte e composta come sono i genovesi. Gente che non vuole lasciarsi sopraffare, superba, orgogliosa, che non recita il ruolo della vittima e proprio per questo è molto determinata. E io voglio essere altrettanto determinato nel senso della giustizia, ragione per cui ho messo in campo una squadra di pm molto esperta e competente».
Un ponte che crolla, oltre 40 vittime, gente sfollata, il territorio paralizzato. E, nel mirino, due nomi: Autostrade per l’italia, il colosso nazionale delle Infrastrutture, e il ministero dei Trasporti. È qui il colpevole?
«Premesso che l’indagine è in una fase preliminare ed esiste comunque un segreto istruttorio, posso tuttavia fare un ragionamento più generale: io ho qualche difficoltà ad accettare l’idea che il tema della sicurezza pubblica stradale sia rimesso nelle mani dei privati. La filosofia del nostro sistema vede oggi uno Stato espropriato dei suoi poteri, una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza. Come se avesse detto al privato, veditela tu».
Lo prevede la legge, o no?
«Basta vedere come è strutturata la norma che disciplina le convenzioni per sospettare uno sbilanciamento del rapporto dalla parte del privato. Nel momento in cui è stata decisa la privatizzazione delle autostrade, lo Stato si è ritagliato un ruolo riguardante soprattutto il controllo del rapporto fra investimenti e ricavi, il giusto prezzo dei pedaggi, l’inflazione... Meno la sicurezza delle infrastrutture».
Nonostante il ruolo marginale, potrebbe avere delle responsabilità?
«Dobbiamo analizzare bene la materia. Cercheremo di capire quali sono esattamente i poteri degli organi di controllo del ministero, anche se temo che siano molto blandi. Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario delle autostrade, non l’inquilino che deve gestirle. Se la suona e se la canta, decide che spese fare, quando intervenire, fa i controlli periodici sulla rete che gestisce...».
E quindi le maggiori responsabilità sono in capo al concessionario, cioè Autostrade?
«Chiaro, maggiori poteri, maggiori oneri, maggiori responsabilità (non intende dire penali, ndr). E io aggiungerei anche maggiori guadagni». Dica la verità, lei nazionalizzerebbe le autostrade?
«No, non dico questo. Ma nel momento in cui lo Stato abdica alla funzione di controllo ci vorrebbe almeno un’agenzia terza che garantisse la sicurezza, non il concessionario stesso. Credo che il crollo del ponte Morandi porti a ripensare tutta la materia».
Il Politecnico di Milano aveva segnalato ad Autostrade i rischi su un tirante...
«Anche lì, se il Politecnico dice che i tiranti non vanno bene e bisogna fare un monitoraggio continuo, chi è che impone al concessionario il monitoraggio, visto che sono stati loro stessi a chiedere lo studio?».
In questo caso pare che il ministero fosse informato perché Autostrade gli aveva chiesto, ottenendola, l’autorizzazione a intervenire con una gara d’appalto da 20 milioni. Ma il ponte è crollato prima.
«Non voglio entrare nel merito di questi aspetti che saranno probabilmente indagati. Io rilevo solo una grande discrezionalità nelle scelte da parte del concessionario».
Qualche suo collega lamenta il fatto che i reati per cui si procede, il disastro colposo, l’omicidio colposo plurimo e l’attentato colposo alla sicurezza dei trasporti abbiano pene risibili. È d’accordo?
«Purtroppo sì. Per esempio, la pena del disastro va da uno a cinque anni. Un anno, come il furto in abitazione. E d’accordo che l’omicidio plurimo colposo può arrivare a un tetto più alto dei cinque anni, ma siamo pur sempre di fronte a un ponte che crolla e a quaranta persone che hanno perso la vita».