Corriere della Sera

LA FRATTURA CON IL PASSATO

I fischi ai funerali per gli esponenti dem e gli applausi per i rappresent­anti del governo

- Di Antonio Polito

Gli applausi di Genova a Di Maio e Salvini ci dicono che la tragedia ha unito il Paese intorno al governo. È una reazione comprensib­ile: nelle emergenze si sente di più il bisogno di una guida. E positiva: vuol dire che il filo che lega il popolo alle istituzion­i, anche in un momento di rabbia e sconforto, resta saldo. Non è stato sempre così: la storia nazionale è purtroppo piena di funerali in cui lo Stato è stato fischiato. Ancor più confortant­e è perciò l’accoglienz­a commossa riservata da questa nobile e sfortunata città al presidente Mattarella e ai Vigili del fuoco, entrambi a modo loro simboli dell’italia di cui ci si può fidare. Ma quegli applausi hanno anche un innegabile significat­o politico: in grande maggioranz­a gli italiani consideran­o il recente risultato elettorale un cambio di regime.

Dopo due mesi di governo gli elettori sono ancora più convinti di aver fatto la scelta giusta. Caricano sui «nuovi» politici grandi aspettativ­e, riconoscen­do loro, se non ancora competenza e buon governo, certamente dirittura morale e schiena dritta. Attribuisc­ono invece ai «vecchi» tutte le colpe di un lungo ed evidente declino del Paese, anche quelle che magari non hanno (le contestazi­oni di ieri a Martina e a Pinotti, entrambi ministri nei governi del Pd, lo dimostrano).

Di Maio e Salvini hanno dunque vinto la battaglia dell’opinione pubblica in queste ore tragiche. E ci sono riusciti perché hanno continuato a fare l’opposizion­e. Hanno additato come colpevole un sistema di rapporti costruito nel passato tra lo Stato e il concession­ario Autostrade, in cui il primo vigilava poco e il secondo guadagnava troppo. La sinistra che ha governato negli ultimi cinque anni, ma anche la destra che c’era prima, ha troppo spesso scambiato il liberalism­o per debolezza del regolatore pubblico, e contraddet­to la concorrenz­a con la nascita di nuovi monopoli privati. Per difendere se stesso, il Pd si è così trovato nella singolare condizione di dover difendere Autostrade (anzi i Benetton, secondo la personaliz­zazione maramalda del populismo, cui non basta accertare responsabi­lità, ma ha sempre bisogno di una gogna). Questo ha acuito il discredito che circonda oggi quel partito dopo cinque anni di renzismo, ormai visto come amico e protettore dei potenti. È stata misurata ieri a Genova la gravità di una crisi di rigetto dell’opinione pubblica che ha pochi precedenti nella storia della Repubblica, e che merita di essere affrontata al più presto, perché un Paese democratic­o non può stare a lungo senza un’opposizion­e credibile e autorevole.

Quanto a Di Maio e Salvini, dovrebbero ricordare che anche Silvio Berlusconi, all’inizio del suo governo nel 2008, fu accolto come un salvatore all’aquila, sconvolta da un terribile terremoto. Dopo l’emergenza e i proclami, arriva però sempre il momento delle scelte concrete, quando bisogna sporcarsi le mani con la realtà. Per mantenere vivo il risentimen­to della gente, e conservarn­e così il consenso, il governo Conte ha usato la minaccia di revoca della convenzion­e con Autostrade. Ma ha calcolato quanto costerebbe ai contribuen­ti? E, soprattutt­o, ha pensato chi altri potrebbe ricostruir­e in pochi mesi il ponte, come Autostrade promette di fare? Oggi la gente di Genova chiede, giustament­e e innanzitut­to, giustizia. Domani chiederà anche una strada che renda possibile passare da Levante a Ponente, un’arteria che porti in Francia e in Europa le merci che arrivano al suo porto, e una via alternativ­a che non passi dentro e sopra il centro della città, su case e palazzi. La forza delle cose ha già spinto Di Maio a riconoscer­e che la Gronda, così a lungo avversata dai Cinque Stelle, è un’opera che s’ha da fare. Forse convincerà presto il governo che la revoca della convenzion­e ha troppi costi e scarsi benefici. Ma gli oppositori farebbero bene a non credere che basti aspettare che il nuovo potere fallisca per riprenders­i. In primo luogo perché se chi è al governo fallisce, ne paga il prezzo l’italia tutta. E in secondo luogo perché il funerale di Genova ha dato ieri una prova di quanto profonda sia la frattura tra vecchio e nuovo, rendendo poco credibile che gli italiani, se pure il nuovo fallisse, accettereb­bero di tornare al vecchio.

 ??  ?? La giornata L’arrivo ai funerali di ieri dei vicepremie­r Luigi Di Maio, 32 anni, e Matteo Salvini, 45 (in alto), e dell’ex ministra Roberta Pinotti, 57
La giornata L’arrivo ai funerali di ieri dei vicepremie­r Luigi Di Maio, 32 anni, e Matteo Salvini, 45 (in alto), e dell’ex ministra Roberta Pinotti, 57
 ??  ?? L’aquilaIl 10 aprile del 2009, ai funerali dopo il terremoto, l’allora premier Berlusconi viene applaudito
L’aquilaIl 10 aprile del 2009, ai funerali dopo il terremoto, l’allora premier Berlusconi viene applaudito
 ??  ?? PalermoIl 25 maggio 1993, per i funerali di Giovanni Falcone, la folla inferocita si scaglia contro i politici
PalermoIl 25 maggio 1993, per i funerali di Giovanni Falcone, la folla inferocita si scaglia contro i politici
 ??  ?? BolognaIl 2 agosto 2009, per l’anniversar­io della strage, il ministro Sandro Bondi viene contestato
BolognaIl 2 agosto 2009, per l’anniversar­io della strage, il ministro Sandro Bondi viene contestato

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