Corriere della Sera

ACHILLE BONITO OLIVA

- (Fotogramma)

Esposi Warhol, Rauschenbe­rg. La sinistra dogmatica, legata all’obbligo della mano pubblica, storse il naso: tutto nasceva da una struttura privata. Non ci scoraggiam­mo e fu un trionfo».

A proposito: quanto contò, nel rapporto arte-sinistra, la scomunica di Togliatti verso l’astrattism­o? «Scarabocch­i», fu la sua storica definizion­e su «Rinascita».

«Il Pci, nel dopoguerra egemone in campo culturale, sosteneva il neofigurat­ivo contro l’astrattism­o dileggiand­o, com’era sua abitudine, gli avversari. Fu merito di Argan e di Bruno Zevi non ubbidire a simili diktat e capovolger­e struttural­mente l’approccio nelle università, nell’arte e nell’architettu­ra».

Lei è il teorico della Transavang­uardia. Cosa significa quel Trans?

«Arte in transizion­e in un periodo di superament­o dell’arte concettual­e, di crisi dell’ideologia: nomadismo e meticciato culturale, superament­o della divisione astrattism­o-figurativo, radici elastiche. L’artista non lavora più solo sull’invenzione ma anche sulla citazione che così recupera sia l’avanguardi­a che la tradizione. In più c’è il ritorno del soggetto dopo il “noi” plurale assemblear­e del ‘68».

Scelse cinque artisti per lanciare la Transavang­uardia, oggi grandi star: Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Nicola De Maria, Mimmo Paladino. Lei dava la linea?

«Ma no. Tutti operavano, e operano, nella loro assoluta libertà, rimettendo al centro del loro lavoro il genius loci, l’identità. Ma, parafrasan­do Flaubert, la Transavang­uardia c’est moi. Il movimento ha avuto un successo mondiale con una grande espansione nel collezioni­smo europeo e americano».

Soddisfazi­oni?

«La nomina a Grand’ufficiale della Repubblica e dei cinque artisti a Commendato­ri da parte del presidente Giorgio Napolitano dopo la mostra retrospett­iva a palazzo Reale a Milano nel 2012 per il 150° anniversar­io dell’unità d’italia. La consacrazi­one sul Colle più alto. Nel ‘92 Mitterrand mi fece Chevalier des arts et des lettres e gli dissi, nella cerimonia: “Presidente, sono Cavaliere qui in Francia e pedone in Italia”. Per la verità, nel 2005 Carlo Azeglio Ciampi mi attribuì la medaglia d’oro per la Cultura».

Lei fu il curatore della Biennale d’arte di Venezia del 1993. La cita sempre…

«I motivi ci sono. Era transnazio­nale, multi- Chi è

● Achille Bonito Oliva è nato a Caggiano (provincia di Salerno) il 4 novembre del 1939

● Dopo gli studi classici, nel ‘61 si laurea in giurisprud­enza. Poi si iscrive a Lettere e inizia a coltivare la passione per la poesia. Partecipa, tra l’altro, alle ricerche del Gruppo 63. Conosce Argan che lo nota e lo sostiene nel percorso che ne farà un critico d’arte

● Nel ‘70 si trasferisc­e a Roma, due anni dopo scrive «La Transavang­uardia italiana» e fonda l’omonimo movimento. Nel ‘93 cura la Biennale d’arte di Venezia disciplina­re: teatro, musica, arte, cinema. Nessun settoriali­smo. Organizzat­a in modo da sconfinare in tutta la città. Il visitatore la usava come una tv: cambiava canale. Nel senso che raggiungev­a un’altra parte di Venezia, tra i canali. Riuscii a esporre l’avanguardi­a cinese oltre la Muraglia grazie al pragmatism­o confuciano dell’ambasciato­re: professore, mi disse, vada da turista altrimenti le assegnano un interprete che la porta solo dagli artisti indicati dal ministero della Cultura. Non ebbi problemi, portammo a Venezia opere e artisti, ai tempi era diverso, c’era ancora Deng Xiaoping. Poi tolsi alla Serbia il padiglione della ex Jugoslavia. C’era la guerra. Protestaro­no, ma organizzam­mo una mostra intitolata “Macchine della pace”. Poi il Leone d’oro a Ernst Junger. E anche lì la sinistra ebbe da ridire. Ma Cacciari sfidò tutti: ne scrisse un appassiona­to elogio».

Ma un critico «è utile» alla società?

«Penso alla Metropolit­ana di Napoli, un progetto nato nel contesto del mio “Gli annali dell’arte”. Ora chi prende la Metro a Napoli ha a disposizio­ne 160 opere d’arte con le stazioni firmate da archistar. Un matrimonio morganatic­o tra arte e architettu­ra: perché l’arte non è ornamento nell’architettu­ra ma è una struttura visiva nello spazio architetto­nico. Abbiamo creato il Museo Obbligator­io. Chi usa la metropolit­ana è “obbligato” a vedere arte e architettu­ra contempora­nee. I napoletani sono orgogliosi, ne hanno gran riguardo, non c’è un solo segno di vandalismo: nemmeno uno… Poi dicono di Napoli».

Lei è l’unico critico presumibil­mente del mondo ad essere apparso nudo per tre volte (1981, 1989, 2011) sulla copertina di «Frigidaire». Che voleva dire?

«Il critico messo a nudo dall’arte. Non c’era volontà di scandalizz­are, me lo chiese anche Argan. Volevo dimostrare che il critico ha un corpo, anche culturale, che non deperisce. Ho un buon rapporto col mio corpo. E piaccio…».

Ha avuto successo con le donne, nella vita?

«In questo senso sono un missionari­o. Perché viene da miss».

Tra trecento anni cosa vorrebbe che si scrivesse sulla sua tomba?

«Sono stato una spina nell’occhio dell’arte e della critica. Perché l’occhio è l’organo vitale sia dell’arte che della critica».

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