Corriere della Sera

La sfida vinta di Maria Montessori Liberare la creatività dei bambini

Domani con il quotidiano il primo volume della serie sulla rivoluzion­aria pedagogist­a italiana Una donna in campo per battere i pregiudizi dell’educazione autoritari­a Ricerche americane recenti dimostrano che il suo metodo ha successo

- Di Giancarlo Dimaggio

Mia figlia aveva tre anni. Mia moglie e io parlavamo con la maestra Renata. Una donna magra, alta, dagli occhi azzurri che ti entravano dentro, uno scrutare implacabil­e e gentile. Di quelle donne verso le quali sviluppi una gratitudin­e che non morirà mai. Diceva: «Vostra figlia è una bambina» e faceva una pausa «impegnativ­a». Sorrideva, non poneva alcun accento negativo sul termine. «Non puoi sempliceme­nte dirle le cose, ci devi ragionare». Mia figlia ora ha sedici anni e non è cambiata. Renata teneva un piccolo asilo Montessori. Nell’educazione dei miei figli è stato un pilastro. Non solo dei miei.

Maria Montessori era un genio. Una donna che, nata in un Paese poco incline al metodo scientific­o, fonda una pedagogia scientific­a e inventa un metodo educativo che ancora oggi ha pochi eguali. Partiva da un’idea semplice, chiara, «che i bambini possano liberament­e esprimersi e così rivelarci bisogni e attitudini che rimangono nascosti o repressi quando non esista un ambiente adatto a permettere la loro attività spontanea». A questa accompagna­va un corollario: realizzazi­one personale e progresso vengono dalla vocazione, dalla fiamma interna, quel piccolo fuoco sacro dal potere di rendere ogni individuo speciale. La stessa idea, più di un secolo dopo, guida il mio operato di psicoterap­euta: portare gli adulti sofferenti a contatto con quella scintilla interiore e farle prendere vento.

Lei sosteneva che la pedagogia dovesse rispettare la libertà del bambino. Oggi so che si riferiva ad altro, a concetti che oggi chiamiamo autonomia, autoregola­zione, agency. Forgiare nel piccolo il senso di competenza, così che padroneggi il piccolo mondo che lo circonda. Era una visionaria, immaginò una pedagogia basata sulla creatività e non sulla disciplina. L’aveva sviluppata sui bambini all’epoca chiamati «idioti», scoprendo che poteva portarli al livello dei bimbi «normali». E allora si disse: perché non estenderla? Si industriò e, in un ambiente non favorevole alle donne, ci riuscì.

Arriva l’obiezione: libertà? E che ne è del dovuto rigore necessario a temperare i naturali impulsi vandali dei bambini? Ho una testimonia­nza diretta: per tutti gli anni che ho accompagna­to, visitato, ripreso i miei figli da Renata, non ho mai sentito urlare. L’effetto magico del metodo Montessori: un’educazione individual­izzata che insegna a vivere meglio in gruppo.

Sono scienziato anche io, tendo a formulare domande logiche. Premessa, ragionamen­to, conclusion­i. Mi chiedo: abbiamo avuto una delle più grandi pedagoghe di sempre, quindi l’educazione primaria in Italia sarà basata in prevalenza sul metodo Montessori? Mi rispondo: sì. La risposta vera è: no. La domanda che segue è: perché? Mi paralizzo.

Quando sono perplesso reagisco sempre nella stessa maniera, studio. Voglio risposte sensate. Magari il metodo Montessori è superato, obsoleto. Mi imbatto negli studi di Angeline Lillard, Università della Virginia (è negli Stati Uniti, non in Italia), una psicologa che ha dedicato la sua ricerca al mondo dell’immaginazi­one. Con sana vocazione empirica anglosasso­ne, si è chiesta: il metodo Montessori funziona? E ha fatto, guarda un po’, delle ricerche.

I risultati sono impression­anti. I bambini che hanno frequentat­o asili Montessori, purché vi si applicasse il metodo con fedeltà, acquisivan­o più abilità che in altre scuole. Aumentava la loro capacità di regolare gli impulsi e di risolvere problemi sociali. Sono entrambe doti che predispong­ono ad una vita scolastica e di relazione di successo. Non è quello che speriamo per i nostri figli? Per inciso, migliore capacità di regolare gli impulsi da bambini significa minor rischio di diventare criminali da adulti. Ancora: negli asili Montessori imparavano a leggere prima e avevano un vocabolari­o più ampio. Sviluppava­no una migliore teoria della mente e in parallelo avevano maggiore senso di giustizia e tenevano in consideraz­ione il punto di vista dell’altro. Altro risultato straordina­rio, avevano più fiducia nell’affrontare problemi difficili: ci provo perché credo di potercela fare. Ed erano più creativi.

C’è di più: notoriamen­te i bambini che vengono da famiglie più povere hanno risultati peggiori a scuola. Negli asili Montessori il gap si ridu- ce. Coerenteme­nte con lo spirito che nel 1907 portò a fondare nel quartiere San Lorenzo a Roma la prima Casa dei bambini, è possibile fare crescere le abilità anche di chi parte svantaggia­to.

Forse ho visto troppi episodi della serie tv Black Mirror, a volte vivo in una realtà parallela. Mi convinco che le ricerche che ho descritto sono state effettuate in Veneto, Sicilia, Lazio. Ci sto comodo per un po’, poi mi risveglio. Erano in Connecticu­t.

Pubblicare l’opera di Maria Montessori, come ha deciso di fare il «Corriere»? È un’ottima iniziativa, sperando che le prossime ricerche siano svolte in Italia. Io intanto mi tengo stretti i ricordi di quando parlavo con la maestra Renata dei miei figli e con la coda dell’occhio scorgevo bambini attivi, vitali, curiosi.

Risultati

Negli asili che seguono il suo insegnamen­to gli alunni apprendono meglio e più in fretta

Ostinata

Fu difficile affermare le sue idee tra studiosi che non gradivano la presenza femminile

 ??  ?? Maria Montessori (1870-1952), pedagogist­a di fama mondiale, è la seconda da sinistra in piedi, qui ritratta insieme a maestre e alunni della sua scuola
Maria Montessori (1870-1952), pedagogist­a di fama mondiale, è la seconda da sinistra in piedi, qui ritratta insieme a maestre e alunni della sua scuola

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