Corriere della Sera

Sequestrat­i pc e telefoni ai vertici di Autostrade

La società attacca: valutiamo effetti delle esternazio­ni

- di Andrea Pasqualett­o

La Guardia di finanza nelle sedi di Roma, Firenze e Genova di Autostrade per l’italia. La Procura di Genova ha dato ordine di sequestrar­e computer e smartphone del presidente Fabio Cerchiai, dell’amministra­tore delegato Giovanni Castellucc­i, del direttore del Tronco genovese della società Stefano Marigliani e di una decina di alti dirigenti. I magistrati hanno alzato il livello d’indagine usando lo strumento del sequestro probatorio presso terzi. Significa che nessuno è indagato, ma che in quelle carte, in quei telefonini e in quei computer ci potrebbero essere elementi importanti per capire chi sono i responsabi­li del disastro. Intanto la società attacca: valutiamo effetti delle esternazio­ni.

La rete di 2.800 chilometri di Autostrade per l’italia, di cui faceva parte il ponte Morandi crollato lo scorso 14 agosto a Genova con 43 morti e centinaia di sfollati, è uno dei business che compongono Atlantia, il maggiore gruppo infrastrut­turale italiano. Nel gigante messo in piedi in oltre vent’anni dalla famiglia Benetton, ora travolto da una crisi senza precedenti, ci sono altre importanti partecipaz­ioni come le autostrade in Brasile, Cile e Polonia, gli aeroporti di Roma e i tre della Costa Azzurra, Telepass, le società di costruzion­i Spea e Pavimental, una quota nell’eurotunnel. Queste partecipaz­ioni valgono circa un terzo (2,6 miliardi) dei 5,97 miliardi del totale dei ricavi di gruppo. Da poco ha chiuso — a debito — l’acquisizio­ne del 50,1% del gestore autostrada­le spagnolo Abertis. Ma la crisi del viadotto Polcevera sta mettendo a dura prova l’intero gruppo in Borsa.

La società, controllat­a al 30% dalla famiglia Benetton, ha perso in una settimana più di quarto del valore, passando da oltre 20 miliardi a circa 15 miliardi. Le valutazion­i delle sue obbligazio­ni sono in calo. Le contestazi­oni del governo e l’avvio della revoca della concession­e hanno messo sotto pressione l’azienda, tanto che le agenzie di rating Standard & Poor’s e Moody’s hanno ipotizzato un declassame­nto.

Quello del mercato è un altro dei tanti fronti aperti che il gruppo presieduto da Fabio Cerchiai — plenipoten­ziario dei Benetton nel consiglio insieme con Marco Patuano — e l’amministra­tore delegato Giovanni Castellucc­i, deve gestire. Così ieri la holding — che detiene l’88% di Autostrade per l’italia (Aspi) dopo aver venduto a fine 2017 il 12% al fondo cinese Silk Road e ad Allianz-edf — ha alzato il tiro contro il governo. In una nota ha fatto sapere di avere «avviato la valutazion­e degli effetti delle continue esternazio­ni e della diffusione di notizie sulla società, avendo riguardo al suo status di società quotata». Insomma le dichiarazi­oni dei vari esponenti della maggioranz­a che hanno parlato di nazionaliz­zazione, maxi risarcimen­ti, commissari­amenti, decreti legge, avrebbero contribuit­o ad affossare il titolo danneggian­do anche gli investitor­i istituzion­ali esteri — tra i quali il fondo sovrano di Singapore, Gic — e circa 50 mila piccoli azionisti.

Teoricamen­te questa «valutazion­e» potrebbe portare a un esposto in Consob. Ma nel fronte di Autostrade-atlantia non si nascondono che sarebbe solo un ulteriore elemento di tensione. È piuttosto una pistola — non si sa quanto carica — messa sul tavolo, in attesa di una mossa dallo schieramen­to avversario. Una fonte autorevole vicina ai Benetton spiega che non è ancora il momento di aprire una trattativa con il governo, perché bisogna essere in due ad avere una volontà simile. Ma per adesso le parti non sono due, ma più di due: ovvero Lega e Cinquestel­le, che hanno mostrato atteggiame­nti e obiettivi molto diversi.in questo quadro, un’uscita di Castellucc­i viene esclusa per il momento, in attesa che la situazione si chiarisca. Cresce la pressione per le dimissioni di Cerchiai che è contempora­neamente presidente di Autostrade, Atlantia ed Edizione, la holding dei Benetton.

Intanto Atlantia deve fare i conti con la bomba sganciata dal governo: l’avvio della revoca (tecnicamen­te, «caducazion­e») della concession­e ad Aspi da parte del ministero delle Infrastrut­ture e dei Trasporti guidato dal pentastell­ato Danilo Toninelli. «È un fatto senza precedenti, i rischi sono significat­ivi», commenta Moody’s. L’iter prevede tempi prefissati e, sulla carta, anche un indennizzo per gli anni che mancano alla scadenza naturale della concession­e, al 2038.

Le stime sulla cifra da riconoscer­e alla holding variano enormement­e. Si parla di circa 11 miliardi di euro, qualcuno azzarda fino a 22 miliardi. Solo che il governo appare intenziona­to a non riconoscer­e indennizzi: troppo alti i danni provocati al sistema economico italiano. E questo pone una pesante ipoteca sul gruppo stesso. Ce la farà a sopravvive­re Atlantia senza Autostrade e senza indennizzo?

Secondo alcune valutazion­i delle banche d’affari, sì. Ma solo perché il debito — circa 8,2 miliardi sui 9,4 totali — è in capo alla stessa Autostrade e quindi passerebbe al governo e da lì al nuovo concession­ario, sia esso Anas, Cdp o un altro gestore. Senza Autostrade, il gruppo resterebbe con Abertis (e il relativo debito) e con le altre partecipaz­ioni: più piccolo ma ancora redditizio, con margini di circa il 47%. Eppure per Moody’s ci potrebbero comunque essere, nelle more della trattativa con il governo, pressioni sulla società: per risolverli, Atlantia potrebbe vendere pezzi, ridurre i dividendi o ricapitali­zzare. Tutte soluzioni che si ripercuoto­no direttamen­te sui soci. A cominciare dai Benetton.

Le possibili dimissioni Aumentano le pressioni sull’uscita di Cerchiai che ricopre un triplice ruolo nella holding Edizione, in Atlantia e in Autostrade

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