«Inchiesta ingiusta? Non potrà più dirlo»
NEW YORK «Questa è l’amministrazione più corrotta della storia americana, e quello che già sappiamo sulla Russia è un grave pericolo per la sicurezza nazionale, ma la giornata di martedì è stata un punto di svolta». David Frum è un repubblicano di ferro, ex speechwriter di George W. Bush, commentatore per The Atlantic e autore di Trumpocracy. The Corruption of the American Republic.
Cosa è cambiato con le condanne di Cohen e Manafort?
«Ora come può il presidente continuare a dire che l’inchiesta di Mueller era politicamente ingiusta, una perdita di tempo, se i suoi più vicini collaboratori hanno subito delle importanti condanne? Nessuno a questo punto può pensare che questo sia l’ultimo colpo di scena. Il caso crescerà velocemente. Per esempio: se approvi delle fatture che violano la legge sui finanziamenti elettorali, come è successo, stai violando la legge a tua volta. E chi ha approvato quelle fatture? Il presidente
stesso? I suoi figli?».
Fa più male a Trump Stormy Daniels o le accuse di collusione con la Russia?
«Sappiamo che la Russia voleva che Trump vincesse, che Trump ha accolto il loro aiuto, ma non sappiamo se hanno lavorato insieme. Se fosse provato agli americani interesserà eccome. Si parla tanto della base di Trump ma io ho lavorato con George W. Bush: se Bush avesse avuto l’economia di adesso, con un basso livello di impegno militare nel mondo, avrebbe avuto un tasso di approvazione del 60%. Trump invece è un presidente vulnerabile».
Come si spiega il silenzio del partito?
«I repubblicani al Congresso sono legati a doppio filo a lui, rischiano seggi e maggioranza. Ma forse c’è qualcosa che hanno fatto dietro le quinte. Se Trump avesse licenziato Mueller sei mesi fa, come voleva, niente sarebbe emerso oggi. Credo sia stato fermato e che chi l’ha fatto merita un po’ di credito per questo. Anche perché se lo licenziasse ora, non ci sarebbe una spiegazione innocente».
Crede che i democratici faranno dell’impeachment un tema centrale nella campagna per le elezioni di novembre?
«No. Bisogna capire che in un sistema presidenziale l’impeachment è un trauma. La lezione del caso Clinton è che non bisogna usare uno strumento così delicato se il Paese non è convinto, e al momento il Paese non è ancora lì».