L’uomo del ministero che approvò i lavori «Vogliono la mia testa? Non sono poltronista»
L’architetto Ferrazza esce dagli uffici della Prefettura quando mancano tre minuti alle quattro del pomeriggio. La Punto del Provveditorato è solitaria in un angolo d’ombra di Genova. È blu ministeriale ma sulle fiancate ci sono i segni della fatica e delle ricognizioni nei cantieri.
Roberto Ferrazza in questi giorni si è ritrovato da uomo della Provvidenza, quando il ministro Danilo Toninelli lo ha nominato alla guida della commissione d’inchiesta sul crollo del ponte Morandi, ad essere additato come presunto colpevole per non aver segnalato lo stato di degrado del cavalcavia quando a febbraio aveva dato il via libera al progetto di rinforzo dei piloni.
Tanto che adesso c’è chi ipotizza l’apertura di un fascicolo bis in Procura proprio sull’iter di approvazione dei lavori (che sarebbero partiti in autunno) e su eventuali Verso la pensione Mi mancano 3 anni alla pensione, vorrei chiudere lasciando qualcosa. Non mollo, per ostinazione
omissioni. Nei prossimi giorni lui e il professor Antonio Brencich, anch’egli in commissione, saranno ascoltati dai magistrati come persone informate sui fatti. «Mi sembra sia del tutto normale che la Procura voglia chiedere informazioni sull’iter, quando sarà il momento andremo. Ai magistrati abbiamo già dato le carte e tutta la corrispondenza con Autostrade. Se c’è stato un ritardo o una sottovalutazione lo dirà il procuratore». Si chiude in macchina e saluta con la solita gentilezza con la quale in questi giorni ha risposto a ogni telefonata, dai suoi collaboratori, ai giornalisti di mezza Europa, Times compreso. Il ministero, dopo le polemiche per il suo presunto conflitto d’interesse, ha raccomandato basso profilo e no comment.
Ferrazza, 64 anni, laureato a Roma in Architettura, da quattro anni guida il Provveditorato alle opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Val d’aosta. Nell’amministrazione dello Stato ci è entrato «tardi» (così dice), a 38 anni. Da «oscuro» funzionario, se non altro perché ha sempre lavorato lontano dai riflettori, Ferrazza si è trovato a guidare la Commissione d’indagine del ministero, affrontando una pressione mediatica e politica enorme. Anche perché è attraverso i suoi risultati che il governo conta di accelerare il processo di revisione della convenzione con Autostrade. Oggi a Genova è l’uomo con il «cerino in mano» perché l’impressione è che intorno non ci sia più il sostegno dei primi giorni.
Dice di essere «tranquillo, perché dopo un esame di coscienza non ho visto cosa avrei potuto fare di più» anche se «stanco», e non solo per il dolore di una ferita che per Genova non sarà facilmente rimarginabile. Non vuole chiamarlo «sciacallaggio» ma sa che la questione del conflitto d’interesse è più di una semplice polemica. Architetto, ha pensato alle dimissioni? «Io sono qui, esco da una riunione per risolvere il problema dei piloni ancora pericolanti. Ho lavorato con i tecnici di altre amministrazioni, mi considero a oggi ancora in carica. Domani vedremo...». Con un certo fatalismo alza gli occhi verso il cielo. Come quando nel suo ufficio al secondo piano di viale delle Brigate partigiane, parla di chi ha chiesto la sua sostituzione. «Non so a quanti possa interessare la mia testa. Non rappresento questo o quel governo, non sono stato il fedelissimo di nessuno. Non sono “il vecchio” da spazzare via. La mia è stata una bella carriera per le opportunità che il ministero mi ha offerto, ma non sono un “poltronista”. Se c’è qualcuno che per ragioni di opportunità deve essere al mio posto, eccolo. E non lo vivrei come una vergogna».
Sulla scrivania ci sono le lettere spedite ai concessionari della rete per le verifiche di ponti, trafori e gallerie.
«Capisco le polemiche, prima ero esaminatore del progetto, ora guido la commissione. Ma mi mancano tre anni alla pensione, sento la necessità di chiudere lasciando qualcosa. Non voglio mollare, per ostinazione e per convincimento. Oggi mio figlio mi ha mandato il commento di un lettore di un sito Internet che scriveva: “Ma questo dove si è laureato, nel bongo bongo?”. Cose che ci stanno. Forse c’è stata troppa esposizione mediatica». Quando avete approvato il progetto avete sottovalutato i problemi del viadotto? «Se si fa un intervento di consolidamento da 20 milioni, evidentemente c’è la necessità di consolidare, no? Il parere del comitato è stato: il progetto va bene, eseguilo. Non c’erano altri campanelli».
Niente sottovalutazioni Se abbiamo detto sì al piano da 20 milioni vuol dire che secondo noi era necessario consolidare