Una liberatoria e 30 euro per scendere al Raganello
Le gite organizzate con la guida. Ma tanti andavano soli
Il portone di legno è sbarrato fin dalla mattina. E così resta tutto il giorno. Sparita anche la jeep di solito piena di turisti o parcheggiata sulla piazza del Municipio di Civita ad aspettarli. C’è solo quella grande insegna verde a ricordare che da lì si parte (si partiva?) per le gite alle Gole e al Ponte del Diavolo: «Raganello Tour» si legge. E sulla pagina Facebook compare l’annuncio: «Le nostre attività si fermeranno in modo definitivo, proviamo dolore e sgomento, il nostro non era un lavoro ma una passione». Da lì era partito anche il gruppo di lunedì pomeriggio con la guida Antonio De Rasis, che poi ha perso la vita. Era un esperto, raccontano in paese, quella mattina sul torrente c’era già stato, poi la Sibari Avventure, l’agenzia per cui lavorava, lo aveva richiamato all’ultimo minuto anche per l’escursione del pomeriggio. E lì al «Raganello Tour» i turisti si cambiavano, indossavano muta e caschetto e con la jeep venivano trasportati giù al torrente, dove con la guida facevano il trekking nelle Gole.
Al Raganello ogni giorno le agenzie organizzano due gite con la guida: una al mattino, l’altra dopo pranzo. Trenta euro a persona per una «camminata» nel letto del torrente di circa due ore. Obbligatori muta, caschetto e scarpe chiuse. Si firma una liberatoria e si parte. Ad accompagnare i turisti dovrebbe esserci una guida ogni otto persone, ma a volte si chiude un occhio se il gruppo è più numeroso. «Per fare quel percorso non servono guide alpine, ne basta una ambientale escursionista», spiega Antonluca De Salvo, guida del soccorso alpino che lunedì notte era tra i soccorritori delle persone travolte dall’ondata. «La maggior parte dei turisti — dice — si limita a una camminata nelle acque, semplice trekking acquatico per cui basta anche una guida con una preparazione base».
Niente a che vedere invece con il canyoning vero e proprio per cui servono una imbragatura, corde e capacità da scalatore: «Ecco, in quel caso bisogna farsi accompagnare da guide alpine», aggiunge De Salvo. Ma di quel tipo non ce ne sono. Racconta però il presidente del Parco del Pollino Domenico Pappaterra che il percorso nel Raganello non è segnalato nei sentieri del Parco e che le guide ufficiali del Parco (70) quindi non ci accompagnano i turisti. «Ma questo solo perché devono far conoscere meglio i sentieri», dice Roberto De Marco, geologo e guida ambientale.
In realtà, anche alcune guide del Parco si avventurano nelle Gole con i turisti perché collaborano con le agenzie che organizzano i tour, «fanno in acqua — dice De Salvo — quello che fanno sulla terra ferma: camminano, non serve una grande capacità». De Marco invece fa canyoning nel Raganello da oltre 20 anni, organizza escursioni anche in notturna ed è il responsabile del «Raganello Canyoning Experience», l’altro gruppo di Civita che accompagna turisti nelle Gole. «Il vero problema — riflette — è che solo una parte dei turisti sceglie di farsi accompagnare nelle Gole da un esperto, mentre le guide invece stanno cercando di creare un minimo di cultura del torrente». Furono De Marco e De Salvo a mettere qualche anno fa l’unico avviso di accesso alle Gole solo con casco e scarpe chiuse, «perché lì arrivano tutti vestiti da spiaggia». De Marco spiega che lungo i 13 chilometri del fiume ogni 200 metri ci sono cartelli per segnalare dove ci si trova, «in caso di emergenza i soccorsi sanno dove arrivare».
Ieri nessuno si è avventurato sul fiume, anche se l’area prima del sequestro era aperta e si poteva arrivare fino sulla riva. Le acque sono ancora torbide e fangose. «Lì è successo qualcosa di straordinario — ragiona De Marco —: una tale quantità di acqua non è spiegabile neanche dopo un forte temporale». E da geologo ipotizza: «Molto in alto potrebbe esserci stata una frana dove si è creato un bacino che poi ha esondato, una sorta di Vajont: perciò bisognerà ispezionare bene tutto il percorso del fiume per capire cosa è successo davvero». Nel frattempo, lui ha sospeso le gite: «Non si può più andare, il fondo del Raganello è stato stravolto da quella incredibile massa d’acqua, noi lo conoscevamo pietra per pietra, ora è un altro fiume».