L’ex parà che difende i rinoceronti «Ora combatto contro i bracconieri»
Stefano, 38 anni, ferito in Afghanistan e decorato. Addestra i ranger in Sudafrica
L’emozione più grande, quando i bracconieri sono fuggiti, è stato avvicinarsi a una famiglia di rinoceronti bianchi vicino al fiume. «Li ho guardati negli occhi, sembravano sorridere. È stata un’esperienza magica, incredibile», racconta Stefano.
Quella radura del Parco di Pilanesberg, dintorni di Johannesburg, Sudafrica, Stefano Borghi, 38 anni, originario di Crema, toscano d’adozione, non la dimenticherà mai. «Ci tornerò presto, e spero di salvare ancora tanti animali minacciati dall’orribile massacro», promette. Eppure di mondo ne ha visto questo ex paracadutista della Folgore, medaglia d’oro perché vittima del terrorismo e oggi addestratore dei ranger sudafricani che ogni giorno combattono contro i cacciatori di rinoceronti.
«Sono stato ferito gravemente in un’imboscata l’11 giugno 2009 a Shewan in Afghanistan — ricorda Stefano —. Ero il mitragliere di un Lince, il nostro mezzo corrazzato, c’è stato un agguato: i talebani sparavano all’impazzata, io rispondevo al fuoco. La battaglia è durata 45 minuti, interminabili, faticosissimi. Poi i talebani mi hanno colpito al torace e braccio sinistro. Un proiettile mi ha reciso un’arteria, c’era sangue dappertutto, non riuscivo più a muovermi. Ricordo l’arrivo di un elicottero che mi ha portato all’ospedale». È un miracolo se oggi Stefano può raccontare quell’esperienza. Nonostante le gravissime ferite, sette interventi chirurgici, una riabilitazione che sembrava infinita, dopo tre anni è mezzo è tornato nella Folgore. «Quasi tutto intero», scherza.
Nel marzo 2017 la decisione di congedarsi, prendersi un anno sabbatico per stare in famiglia (è sposato con Ramona e ha due figli Gioele 5 anni e Virginia 3 anni) e decidere il prossimo futuro. Che è arrivato In azione Stefano Borghi, 38 anni, nei nuovi panni di addestratore dei ranger che si battono contro i bracconieri che minacciano i rinoceronti all’improvviso una mattina. «Quando sono entrato in contatto con la Poaching Prevention Academy, organizzazione no profit italiana che istruisce le persone a combattere il bracconaggio nelle riserve mondiali a rischio — spiega Borghi —. Sono diventato istruttore di ranger, ragazzi che combattono i bracconieri. Insegno loro come difendere al meglio gli animali nei parchi, soprattutto i rinoceronti. Il loro corno, per stupide credenze, avidità e disprezzo verso la natura, vale 1 milione di dollari al mercato nero. Così le bande entrano nei parchi e cercano di massacrarne più che possono. È un business».
Pochi giorni fa Stefano è stato invitato a una conferenza al Dankafè di Cecina, il caffè letterario messo su da Marzio Porri, anche lui ex parà. E qui ha raccontato i rischi di questa guerra, le speranze, le paure e la voglia di aiutare l’ambiente. E le azioni sul campo.
«Un giorno i sistemi di controllo hanno individuato due bracconieri — racconta —. Siamo usciti con una pattuglia, li abbiamo intercettati, bloccati e arrestati. Dietro di loro ci sono organizzazioni mafiose ma anche terroristiche che sfruttano il commercio dei corni per finanziarsi. A volte però arriviamo tardi. Li prendiamo quando hanno già ucciso i rinoceronti».
Basta un colpo di un fucile di grosso calibro alla testa e loro cadono. E con loro cade per sempre un frammento di questo mondo. «Che è come un museo di capolavori naturali. Noi abbiamo Michelangelo, loro una natura così spettacolare da commuovere. Stiamo cercando di salvarla».