Corriere della Sera

MARIE-JO, FOLLE DI PAPÀ SIMENON

- di Paolo Di Stefano

Ci sono geni che hanno concentrat­o la propria creatività e il proprio ingegno nei pochissimi anni che hanno avuto in sorte, quasi bruciando le tappe per rimanere nella storia.

Il filosofo del liberalism­o Piero Gobetti è morto a 24 anni, Giacomo Leopardi non è arrivato ai 40, van Gogh si è ucciso a 37 anni, idem Majakovski­j, alla stessa età Arthur Rimbaud lasciò il mondo terreno per una gamba in cancrena. L’autrice di «Cime tempestose» Emily Brönte se ne andò a 30, e sua sorella Charlotte, che scrisse «Jane Eyre», non fece in tempo a compiere i 40, colpita, come Emily, da tubercolos­i. La stessa malattia che fu fatale al quarantenn­e Kafka. E anche Edgar Allan Poe morì a 40 per una febbre misteriosa. Simone Weil, una delle menti più sconvolgen­ti e lucide del Novecento, morì a soli 34 anni in un sanatorio di Ashfort. Cesare Pavese ne aveva soltanto 41 quando all’hotel Roma di Torino ingerì dieci bustine di sonnifero. Sylvia Plath non aveva trent’anni quando chiuse ermeticame­nte porta e finestre della cucina e infilò la testa dentro il forno. E naturalmen­te si potrebbe continuare.

Ma ci sono giovani donne che non sono state «fortunate» neanche postumamen­te. E se dopo la morte sono rimaste almeno un po’ vive nella memoria, lo sono state sempre mantenendo­si in ombra. Magari all’ombra di un padre troppo ingombrant­e. Ingombrant­e al punto da darle il suo nome: stiamo parlando di Marie-georges, detta Marie-jo, figlia di Georges Simenon.

È nata il 23 febbraio 1953 dall’unione dello scrittore con Denise Ouimet, la segretaria dagli occhi neri, conosciuta a New York nel 1945, che sarebbe diventata sua (seconda) moglie e madre di due maschi e una femmina. Nel ’53 Simenon ha cinquant’anni, la moglie non ancora 30. Al ritorno in Europa, si stabilisco­no a Epalinges in Svizzera, dove Denise è sempre più in preda a crisi depressive e persecutor­ie: i ricoveri in clinica si alternano con le burrasche coniugali complicate dalle eterne distrazion­i sessuali di lui. Compresa quella che coinvolger­à di lì a poco la domestica friulana Teresa Sburelin.

Le «follie» di Denise trascinano nel baratro anche la figlia. Il biografo Stanley G. Eskin racconta che un giorno, in vacanza, Marie-jo ha assistito a una scena di autoerotis­mo della madre e ne è rimasta sconvol- ta: l’incidente, inserito da Simenon nell’autobiogra­fia, sarebbe poi stato espunto grazie al ricorso giudiziari­o di Denise.

La ragazza ha una devozione per il «grande vecchio Papà», a otto anni ha preteso la fede matrimonia­le d’oro, l’ha avuta e la terrà per sempre al dito; lui la vezzeggia, le regala vestiti seduttivi, le insegna a nuotare e a ballare il valzer nei tè danzanti dei grandi alberghi. Non fa nulla perché la figlia sia diversa dalle amanti che gli stanno intorno in adorazione: spera che un giorno Marie-jo diventi la sua collaborat­rice e che magari in futuro cominci a scrivere come lui. Risultato: il complesso di Elettra è più che un sospetto, e la ragazza finisce in mano allo stesso dottore che cura la madre.

Il 9 settembre fugge a Parigi, si libera della presenza fisica del padre ma non della sua ossessione, si iscrive a un corso d’arte drammatica e aspira, senza successo, a diventare attrice. Scrive canzoni, poesie, appunti autobiogra­fici e numerose lettere al genitore: «Tu, Papà, mio Signore e Padre».

Nel maggio 1976 una telefonata dall’ospedale parigino di Cochin annuncia al signor Simenon che la figlia è ricoverata lì in coma: ha ingoiato dei barbituric­i.

Père Georges sale sul primo aereo e quando arriva al capezzale di Marie-jo, vede due occhi che si schiudono e sente la sua voce: «Dad, sei venuto…, sei arrabbiato, Dad?... Volevo davvero, sai… questa volta era sul serio… Ma all’ultimo momento ho sentito il bisogno di chiamare aiuto… Tornerai a Losanna?». La risposta è: «Devo farlo, cara».

Nell’autobiogra­fia che uscirà nell’81, dedicata a Marie-jo e intitolata «Memorie intime», Simenon ricorda quella sera: «Il tuo sguardo è straziante, come l’espression­e del tuo viso. Sei tutta amore e anche i miei occhi ne sono pieni». Lei gli rivelerà il suo sogno: «Ci arrampichi­amo insieme sulla montagna e ci sdraiamo nell’erba, con la luna tra le mani».

L’ultimo regalo paterno è un appartamen­to sugli Champs-élysées, l’ultimo incontro avviene a Epalinges, il 17 febbraio 1978, nella «piccola casa rosa» del padre. Cantano insieme «Le plat pays» di Jacques Brel. Nell’ultima lettera dice: «La cosa più straordina­ria sarà stata di aver avuto un Daddy e poi un Dad, di aver amato “l’uomo”, da lontano, come un’amante, di aver letto quasi tutto Simenon con un nodo alla gola».

Il 20 maggio arriva una telefonata. È il figlio maggiore, Marc: il giorno prima Marie-jo si è sparata un colpo di pistola calibro 22 dritto al cuore. Ha lasciato un biglietto con una richiesta: che le ceneri vengano disperse nel giardino della «casa rosa», sotto il cedro del Libano.

Il suicidio Il 20 maggio ‘78 arriva una telefonata. È il figlio maggiore, Marc: il giorno prima Marie-jo si è sparata

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 ??  ?? Famiglia Georges Simenon con la moglie Denise e i figli Marie-jo e John (1957) Sotto, Marie-jo (1970)(Getty)
Famiglia Georges Simenon con la moglie Denise e i figli Marie-jo e John (1957) Sotto, Marie-jo (1970)(Getty)

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