«Dazi del 25% sulle auto europee» Trump cancella l’intesa con Juncker
L’annuncio in un comizio elettorale in West Virginia mette in allarme i produttori A Wall Street il Toro più lungo della storia
NEW YORK Nel giorno in cui Wall Street celebra il più lungo «mercato toro» della sua storia (9 anni, 5 mesi e 12 giorni di crescita non interrotta da cali significativi), Donald Trump crea scompiglio nell’economia con un’altra sortita sui dazi — l’annuncio che imporrà una tassa del 25 per cento su ogni vettura importata dalla Ue — che contraddice gli impegni presi meno di un mese fa nel vertice col presidente della Commissione Europea, Jean-claude Juncker. Dopo aver introdotto dazi su acciaio e alluminio importati e aver minacciato di fare altrettanto con le auto attivando una tassa supplementare su vetture e componenti provenienti non solo da Europa e Asia, ma anche dell’area Nafta, Trump in quell’occasione annunciò un’improvvisa pace con l’europa: «Abbiamo un accordo per abbattere tutte le barriere». Niente dazi sulle auto, quindi, e l’impegno a risolvere il conflitto su acciaio e alluminio che aveva spinto la Ue a reagire penalizzando alcuni prodotti Usa.
Nessuno, nelle Case europee, si era fidato delle promesse di Trump, anche perché il ministero del Commercio Usa non ha mai sospeso l’indagine — chiesta dalla Casa Wall Street è entrata nel «Toro» più lungo della sua storia: ieri lo S&P 500 ha segnato i 3.453 giorni senza un calo del 20% o superiore, la flessione tipicamente associata a un mercato cosiddetto «Orso». Bianca — per stabilire se l’import di auto rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale Usa. Ma sembrava almeno in vista un rinvio sine die visto che il ministro Wilbur Ross, allarmato dal «no» ai dazi di tutti i gruppi, compresi quelli americani, aveva spiegato che l’istruttoria preliminare, obbligatoria prima di imporre sanzioni, non avrebbe potuto essere completata entro agosto come annunciato in precedenza, vista l’enorme mole di documenti inviati dalle Case automobilistiche al governo. Carte da esaminare con attenzione, visto che anche le Case Usa, che La vicenda spesso producono in Messico e Canada motori e trasmissioni delle loro auto, annunciano aumenti dei prezzi dei loro veicoli, anche di migliaia di dollari.
L’altra sera, però, intervenendo a un comizio elettorale in West Virginia, Trump è tornato a giocare con le sue doppie verità affermando perentoriamente: «Metteremo una tassa del 25 per cento su ogni auto che arriva negli Stati Uniti dall’europa». Cosa vuol dire? Trump smentisce il suo ministro e divide il fronte estero minacciando proprio gli alleati europei coi quali aveva appena fatto pace? Solo parole a uso elettorale? Un tentativo di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalle vicende giudiziarie che incombono sulla presidenza degli Stati Uniti? O il leader Usa, non fidandosi degli europei che hanno promesso di negoziare, gioca a fare il «poliziotto cattivo» mentre quello «buono», Wilbur Ross, tratta con la Ue? Se non fosse questo — la pressione di un leader che ragiona più come mercante che come statista — ci sarebbe da restare sconcertati, visto che i negoziati Usaue decisi nel vertice alla Casa Bianca di fine luglio sono appena cominciati.