Corriere della Sera

Addio all’attrice Harris Era l’aspirante diva nel film «Nashville»

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MILANO Apriti Sesamo! E la caverna ricolma d’oro si schiude per magia. «Una password più che mai attuale in tempi dove la ricchezza è sempre più nascosta e meno produttiva» assicura Liliana Cavani in questi giorni alle prese alla Scala con l’opera di Luigi Cherubini, Alì Babà e i 40 ladroni, fiaba emblematic­a su denaro, potere, corruzione e ruberie. «Insomma, tutto quello che succede oggi. Con la differenza che i ladroni della favola sono dei poveracci rispetto a quelli veri che conosciamo», ride la regista che a 85 anni torna al Piermarini con un lavoro in bilico tra favola e realtà affidato agli allievi dell’accademia scaligera, debutto il 1° settembre, scene di Leila Fteita, costumi di Irene Monti, sul podio Paolo Carignani.

«È da gennaio che sto lavorando con questi giovani, così bravi, entusiasti, profession­ali. Con loro parlo una sorta di esperanto visto che vengono da ogni parte del mondo, cinesi, russi, spagnoli, italiani… Un’esperienza che allarga il cuore, una delle belle realtà che ancora resistono in questo Paese».

Eppure, nonostante il clima incantato e la fama dell’autore, quest’opera non ha avuto grande fortuna, bollata da Berlioz dopo la prima parigina del 1833 come una delle cose più deboli di Cherubini. «L’ho ascoltata nell’edizione della Scala del 1963 e con la mia assistente Marina Bianchi siamo rimaste sorprese dalla bellezza di alcuni momenti che anticipano il romanticis­mo e dal tema in linea con lo spirito dei tempi. Erano gli anni della Commedia umana di Balzac, della nascita della Borsa, dell’ossessione per il denaro. Unico valore, unico metro di misura. Cherubini e il librettist­a Scribe, che di certo avevano letto Balzac, ne presero spunto».

Difatti Nadir, povero in canna, non ha speranze con la bella Delia, figlia del ricco mercante Alì Babà. Ma la scoperta di una caverna stracolma d’oro lo rende all’improvviso un partito interessan­te per il futuro suocero che però, trascinato dall’avidità, rischierà di finire intrappola­to in quel caveau come zio Paperone nella sua cassaforte.

«Un apologo sul denaro fine a se stesso, infruttuos­o e sterile. Ma Alì Babà è pur sempre una favola, e in un favola A Venezia Charlotte Rampling e Dirk Bogarde in «Il portiere di notte» la cui versione restaurata sarà proiettata alla Mostra di Venezia; sopra, le prove dell’opera alla Scala L’attrice statuniten­se Barbara Harris, nota per aver recitato in film come «Nashville» (nella foto) di Robert Altman e «Tutto accadde un venerdì» e «Complotto di famiglia» di Alfred Hitchcock, è morta all’età di 83 anni per un cancro ai polmoni. Barbara Harris ha iniziato la sua carriera come membro della troupe di commedie di Second City a Chicago, che l’ha portata successiva­mente a Broadway. Ha vinto, nel 1967, il premio Tony come migliore attrice per le sue interpreta­zioni in «The Apple Tree» ed è stata anche nominata per altri due premi Tony, per «From the Second City» e per la sua interpreta­zione di Daisy Gamble nel film «L’amica delle 5 ½» del 1965. L’artista aveva ricevuto una nomination agli Oscar come miglior attrice non protagonis­ta, per il suo ruolo nella pellicola di Allison Densmore «Chi è Harry Kellerman e perché parla male di me?», in cui ha recitato con Dustin Hoffman. Bruce Dern, co-protagonis­ta di «Complotto di famiglia», ha twittato: «Con la morte di Barbara Harris, la nostra generazion­e ha perso il suo vero genio comico femminile».

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