Corriere della Sera

Metodo Ronaldo «La forza mentale fa la differenza»

CR7 testimonia­l Dazn: «Che lavoro alla Juve»

- Paolo Tomaselli

L’inizio di tutto

A 11 anni sognavo già in grande, ma fu dura: lì mi sono costruito un carattere così forte

Le vittorie, le sconfitte, centinaia di allenament­i, da solo o con la squadra. Eppure Cristiano Ronaldo torna sempre alla casella di partenza quando deve spiegare il «segreto» di quello che ha fatto, di quello che sta facendo e di quello che farà, ancora per qualche anno: essere CR7. Che non è un mestiere facile come qualcuno può pensare, ed è iniziato tanti anni fa: «Quando ero ragazzino c’erano tanti giocatori con un sacco di talento. Ma la forza mentale fa la differenza. Già a 11, 12 anni, io sognavo di diventare calciatore e ci sono riuscito, grazie all’impegno e allo spirito di sacrificio. A 11 anni ho lasciato i miei genitori e i miei fratelli e ho cambiato città. Per me quello fu un passo difficilis­simo. È stata dura, ma questo ha contribuit­o a costruirmi un carattere così forte».

In quel periodo, quando Ronaldo lasciò l’isola di Madeira per trasferirs­i nell’accademia dello Sporting Lisbona, si sono accese tutte le luci della macchina — da gol e da soldi — che sarebbe presto diventato. E non si sono più spente. Ma le lacrime per le prese in giro dei compagni che non capivano il suo accento da isolano, le difficoltà a scuola, la voglia di tornare a casa, le lunghe telefonate con mamma Dolores e anche la severità del club hanno fatto crescere Ronaldo, rendendolo così: orgoglioso, perfezioni­sta, grande lavoratore.

Tra le incombenze del buon Cristiano di oggi c’è anche quella di fare da testimonia­l alla nuova television­e via web Dazn, che ha avuto più di qualche difficoltà nella trasmissio­ne delle prime partite di campionato, ma ha scelto l’uomo immagine più visibile che c’è, in attesa di trasmetter­lo alla terza giornata, Parma-juventus, sabato 1 settembre alle 20.30. Ronaldo non ha ricordato solo gli inizi, ma si è soffermato anche sul presente, anche perché il denominato­re comune a 11 anni o a 33, per lui è sempre lo stesso. Però la Juventus ha sorpreso anche CR7: «È vero quello che si dice, che in Italia si fa una preparazio­ne atletica durissima. Mi piace come ci si allena, la mentalità. Ci sono dei metodi particolar­i, ma gli italiani sono molto, molto profession­ali. Per questo mi trovo bene. La squadra è forte, ci sono condizioni straordina­rie. Sono piuttosto sorpreso, in positivo. Ci alleniamo duramente sempre: non c’è mai un giorno facile. E mi sento davvero entusiasta e felice».

Quello sulla diversa cultura del lavoro bianconera è stato il tormentone dei nuovi acquisti degli ultimi anni, prima Pjanic e poi Higuain. Ma sentirlo ribadire da Cristiano Ronaldo, per il quale non esistono giorni di riposo, lascia solo un dubbio: il portoghese — che l’anno scorso ha saltato per la prima volta ben 11 partite di campionato per affinare la forma atletica in vista degli appuntamen­ti principali — può ancora crescere atleticame­nte alla Juve? Considerat­o anche l’esempio di Andrea Pirlo, che al Milan sembrava finito e che, da svincolato, alla Juventus di Conte giocò ancora quattro stagioni ad altissimo livello, la domanda è quanto mai lecita.

Pirlo lasciò dopo la finale di Champions persa a Berlino contro il Barcellona nel 2015: quello fu l’unica volta nelle ultime cinque edizioni, che Ronaldo col suo Real Madrid non alzò il trofeo, eliminato in semifinale proprio dai bianconeri: «Naturalmen­te voglio vincere quella coppa anche con la Juventus: ce la metteremo

tutta, ma non sarà una ossessione. Quest’anno, l’anno prossimo, fra tre anni...». Una dilazione temporale questa che non farà felicissim­o il popolo juventino e magari nemmeno il presidente Agnelli. Ma siamo ovviamente nel campo della pura pretattica e della gestione delle pressioni. Del resto, tra il racconto delle sue passioni sportive come il ping-pong e le arti marziali miste, senza dimenticar­e la sua felicità di padre, Ronaldo qualche bugia a Dazn l’ha sicurament­e detta: «Ci tengo al mio aspetto fisico, ma senza ossessioni...». L’immagine però resta una priorità assoluta. Come la Champions.

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