Corriere della Sera

Il giallo dell’ilva: gara illegittim­a ma ancora valida

Cosa c’è nel parere «non accessibil­e» per cautela. In vista di contenzios­i

- di Michelange­lo Borrillo e Enrico Marro

«Sull’ilva è stato commesso il delitto perfetto. La gara — attacca il ministro dello Sviluppo economico Di Maio — è illegittim­a, ma non si può annullare». Ed è giallo sul giudizio dell’avvocatura dello Stato, un parere «non accessibil­e», tenuto segreto. Un paradosso, per un paladino della trasparenz­a come il leader grillino. Dura la reazione di Calenda, predecesso­re di Di Maio: «Basta fesserie, se la gara è viziata annullala». Sale intanto la protesta dei sindacati. Bentivogli, segretario Fim-cisl: «Ministro ondivago, così una trattativa è impossibil­e».

Tutto ruota intorno a un «parere non accessibil­e». Per via di una «clausola di sottrazion­e all’accesso». Che per un paladino della trasparenz­a come Luigi Di Maio è un po’ un paradosso: avere tra le mani le 35 pagine che dimostrano l’illegittim­ità — ma non ancora l’annullabil­ità — della gara che ha assegnato l’ilva ad Arcelormit­tal e non poterle pubblicare, magari su Facebook. Tutto per colpa — ha spiegato lo stesso Di Maio — dell’avvocatura stessa, quell’organo dello Stato nato 85 anni fa, quando i decreti si chiamavano ancora regi, che svolge per le amministra­zioni statali il ruolo che per i cittadini ricoprono gli avvocati: consulenza giuridica e difesa nei giudizi di ogni tipo.

Il rischio risarcimen­ti

«Non è stata una nostra richiesta, ma una decisione dell’avvocatura. Alla fine del procedimen­to lo renderemo pubblico». In realtà, il procedimen­to amministra­tivo a cui fa riferiment­o il vice premier — finalizzat­o all’eventuale annullamen­to in autotutela del decreto del 5 giugno 2017 di aggiudicaz­ione della gara — scadrebbe oggi. Ma proprio in virtù dell’inaccessib­ile parere, Di Maio ha chiesto ulteriori approfondi­menti al ministero dell’ambiente. Perché non vuole rischiare, annullando un contratto che Arcelormit­tal ha firmato con il governo italiano (anche se di altro colore), risarcimen­ti miliardari.

Intanto ha ottenuto altri 15 giorni di tempo, fino al 7 settembre. L’8 settembre, data che evoca armistizi, potrebbe decretare anche la fine della «guerra del parere». Iniziata con un tweet, di Marco Bentivogli, il segretario generale della Fim Cisl: «A richiesta di avere testo parere Avvocatura dello Stato, il Mise dice che l’avvocatura ha preteso che “il testo non venga divulgato”. Precedente governo aveva reso pubblico».

La prudenza dei legali

Perché Carlo Calenda, predecesso­re di Di Maio, lo ha fatto e l’attuale inquilino del Mise no? Perché nel secondo caso, quello di questi giorni, l’avvocatura ha preferito «secretarlo», come non si è stancato di ripetere ieri il ministro dello Sviluppo economico. Come mai? La mossa dell’avvocatura, quella «clausola di sottrazion­e all’accesso», è stata pensata per prudenza. Uno scopo cautelativ­o — come trapela dalle ovattate stanze di via dei Portoghesi — che caratteriz­za i pareri che possono sfociare in un contenzios­o. Insomma, visto che la consulenza può portare all’annullamen­to della gara e, successiva­mente, in tribunale, la secretazio­ne si spiega con una opportunit­à processual­e. Di quel segreto, però, dopo Bentivogli, hanno parlato tutti: «Un parere secretato? Cosa mai accaduta in passato — ha tuonato Teresa Bellanova, che di Calenda è stata vice al Mise — e inconcepib­ile per un atto dell’amministra­zione pubblica».

Il segreto dell’avvocatura alla fine ha ottenuto effetti paradossal­i: nella forma e nella sostanza. Nella sostanza perché, sebbene Di Maio non abbia letto le 35 pagine, le ha ben sintetizza­te: il parere — ha sottolinea­to più volte nelle ultime ore — evidenzia forti elementi di criticità». Che poi il vice premier non ha mancato di evidenziar­e: «L’eccesso di potere, non essendo stato tutelato il bene comune e il pubblico interesse a causa della negata possibilit­à di effettuare rilanci per migliorare l’offerta». E, ancora, la «possibile lesione del principio di concorrenz­a: lo spostament­o del termine al 2023 per l’ultimazion­e degli interventi ambientali avrebbe dovuto suggerire una proroga per la presentazi­one di altre offerte». Il paradosso della forma, invece, risale allo scorso anno: anche Calenda, come detto, nel 2017 chiese un parere all’avvocatura. Quando arrivò, il 2 giugno 2017, si limitò a pubblicare un comunicato stampa. Nessuno chiese il documento di 7 pagine, forse perché «non secretato». Calenda lo ha pubblicato su Facebook il 20 luglio scorso. Insomma, l’estate scorsa non lo volle nessuno, oggi tutti. Quando il vero mistero, probabilme­nte, è un altro: l’avvocatura, come da regio decreto del 30 ottobre 1933, fornisce pareri legali. La decisione, però, spetta sempre all’amministra­zione. Di Maio — e questo è il vero mistero — con l’ilva cosa vuol fare?

La pubblicazi­one

Soltanto al termine del procedimen­to, dopo il 7 settembre, il parere sarà pubblico

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