Corriere della Sera

Debito, la «promessa» Usa

- di Federico Fubini

Più si avvicina la legge di bilancio, più sale l’incertezza sugli obiettivi di deficit, più cresce la tensione finanziari­a, più aumenta fra alcuni componenti del governo la ricerca di una via di fuga: un finanziato­re di ultima istanza, al quale lo Stato italiano si possa affidare per sostituire gli investitor­i privati sempre più riluttanti a aumentare l’esposizion­e sui titoli di Stato di Roma.

Uno dei segnali recenti di questa ansia di protezione dai mercati è arrivato giorni fa con un’uscita di Paolo Savona. Il ministro per gli Affari europei si è spinto a immaginare una «garanzia» della Russia sul debito pubblico italiano, se il sostegno della Banca centrale europea venisse meno. Non è chiaro cosa voglia dire Savona e come ciò potrebbe funzionare in pratica: per tutte le società di valutazion­e della sostenibil­ità del debito, il governo di Mosca ha una nota(il cosiddetto rating) più bassa dell’italia e Standard and Poor’s, l’agenzia più importante, la giudica addirittur­a come «non investimen­to» o «spazzatura». Tra l’altro l’economia russa è più piccola di quella italiana di circa il 30% e ha entrate fiscali ancora minori in proporzion­e. L’uscita di Savona sembra dunque difficile da spiegare sul piano puramente logico.

Interrogat­ivi più seri sta sollevando invece nel governo giallo-verde un’altra opzione. Ne ha parlato Giuseppe Conte al suo ritorno dalla visita alla Casa Bianca di tre settimane fa. Donald Trump, racconta il presidente del Consiglio, avrebbe offerto all’italia un aiuto dagli Stati Uniti per il finanziame­nto del debito pubblico nel prossimo anno (nel 2019 il Tesoro di Roma deve collocare sul mercato titoli per circa 400 miliardi di euro, di cui 260 a medio-lungo termine). Che questa sia l’indicazion­e del presidente degli Stati Uniti a Conte lo riportano tre esponenti istituzion­ali italiani al massimo livello.

Conte però non sembra aver spiegato in cosa consista esattament­e l’offerta americana e se essa abbia alcuna possibilit­à di concretizz­arsi. L’amministra­zione di Washington non ha un proprio fondo sovrano e non ha un potere coordiname­nto su fondi o banche del settore privato. Quando a fine giugno la Casa Bianca ha riunito un certo numero di grossi investitor­i, in presenza anche del segretario al Tesoro Steven Mnuchin, secondo uno dei partecipan­ti l’italia non è neppure stata menzionata. Non era un tema in discussion­e in quel momento per Trump o la sua squadra.

Il presidente tuttavia sembra aver davvero segnalato a Conte questa disponibil­ità ad aiutare il governo sul debito pubblico. Ufficialme­nte i temi di quell’incontro bilaterale del 30 luglio scorso furono la Libia, l’afghanista­n e il gasdotto Tap dal Caspio. Al termine però Conte ha pubblicato su Facebook un breve video nel quale Trump invita a investire in Italia. Non è chiaro soprattutt­o se, in contropart­ita alle sue vaghe promesse, l’inquilino della Casa Bianca stia cercando di rompere il fronte europeo nella guerra commercial­e che minaccia contro la Germania. Christophe­r Wood, analista della lettera finanziari­a “Greed and Fear”, osserva: «I populisti anti-euro e antiimmigr­azione in Europa adesso hanno nella Casa Bianca un sostenitor­e che li incoraggia apertament­e a perseguire i loro programmi». E prosegue: «Trump non avrebbe potuto mettere più in chiaro che sostiene

Gli investimen­ti

La volontà di investire sul debito non può avvenire tramite un fondo sovrano

L’incontro

Trump ha incontrato di recente grandi investitor­i: l’italia non è stata menzionata

la causa di coloro in Italia che vogliono lasciare l’euro. Ciò non è senza importanza perché una potenziale decisione futura del Paese di uscire dall’euro potrebbe apparire meno rischiosa politicame­nte e finanziari­amente se ha il sostegno del presidente americano».

Nel frattempo, è imminente il viaggio in Cina del ministro dell’economia Giovanni Tria. Nei prossimi giorni vedrà il premier Li Keqiang e il governator­e della banca centrale di Pechino Yi Gang.

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Casa BiancaIl premier italiano Giuseppe Conte (a sinistra) con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump

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